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I conti di Giorgetti. L’Italia andrà in procedura d’infrazione. Ma potrebbe essere una buona notizia (di A. Pira)

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La procedura europea per disavanzo eccessivo era nell’aria. Che arriverà è ora una certezza. È “scontato”, ha annunciato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Il livello di indebitamento registrato lo scorso anno è ben oltre il 3% richiesto dai parametri comunitari sia nella vecchia sia nella nuova versione. Già quando l’Italia ha inviato a Bruxelles il quadro dell’ultima manovra il deficit era al 5,2%, fuori dalle regole europee e pompato dalle ricadute del Superbonus 110% e delle altre agevolazioni edilizie. Con la coda lunga degli incentivi, secondo gli ultimi dati Istat, è schizzato al 7,2%.  L’Italia è in buona compagnia. Oltre alla Francia sono una decina i Paesi a rischio procedura. Le cifre aggiornate saranno contenute nel prossimo Def, l’ultimo che sarò presentato al Parlamento. Il documento da varare in primavera andrà infatti in soffitta con le nuove regole di bilancio europee.

E proprio nella cornice delle nuove norme negoziate lo scorso autunno, la procedura di disavanzo potrebbe non essere una notizia troppo cattiva per i piani italiani. Di fatto le nuove regole si applicheranno a pieno dal momento di uscita dal percorso di aggiustamento. Soltanto dal 2027, quindi, si applicherà all’Italia la cosiddetta clausola di salvaguardia del debito. Con il vecchio Patto di Stabilità e Crescita, i Paesi il cui rapporto debito-pil è superiore al 90% dovevano ridurre la parte eccedente questo limite di un quinto ogni anno. Le nuove norme stabiliscono invece che il rapporto debba calare dell’1%, mentre per gli Stati con un debito tra il 60% e il 90% la riduzione dovrà essere dello 0,5%.  Il fardello che grava sui conti pubblici italiani secondo gli ultimi dati Istat, si è fermato nel 2023 al 137,3%. In teoria il Paese dovrebbe quindi andare di un punto percentuale l’anno. A giugno però arriverà la procedura data ormai per scontata.

Come spiegano i tecnici della Camera, “con particolare riferimento all’Italia, sulla base degli andamenti programmatici del deficit esposti nella Nadef 2023, la disapplicazione della clausola di salvaguardia sul debito fino alla chiusura di una eventuale procedura di disavanzo eccessivo sembrerebbe comportare un più agevole percorso di correzione nei primi esercizi del primo ciclo di programmazione”. Nella pratica “per il biennio 2025-26, nel quale, a causa principalmente degli effetti di cassa del Superbonus, il debito è previsto ridursi in Italia solo marginalmente (rispettivamente di 0,2 e di 0,3 punti), al di sotto quindi dell’1% del Pil previsto dalla clausola di salvaguardia sul debito in esame, quest’ultima non sarebbe di fatto operativa”.

Una volta entrata nel cosiddetto braccio correttivo l’Italia dovrà però procedere con il rientro del deficit a un ritmo di almeno lo 0,5% annuo. “Non siamo così fessi di aver fatto un negoziato senza sapere quale fosse il terreno e lo scenario nel quale andavamo ad inserirci”, ha ricordato Giorgetti in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, “La procedura di deficit eccessivo era già scontata nel Def che abbiamo presentato dell’anno scorso”. Quanto al Documento di economia e finanza atteso per la prossima settimana sarà leggero, ha aggiunto il ministro. “Noi faremo le cose in base alle istruzioni ricevute, in un contesto in cui le regole non sono ancora declinate, non sono ancora precisate e quindi non si possono applicare ma questo era facilmente prevedibile data la complessità delle medesime e la situazione. Dopodiché ci saranno comunque numeri interessanti”.

Secondo le ultime indiscrezioni. La crescita del 2024 dovrebbe aggirarsi attorno all’1%, con una leggera limatura rispetto all’1,2% previsto in autunno. Il deficit dovrebbe restare sotto la soglia del 4,5%, non distaccandosi troppo dal 4,3% stimato in autunno, mentre nel 2025 dovrebbe essere al 4%.  Le correzioni potrebbero essere limitate a pochi decimali, forse due quest’anno e altrettanti il prossimo, quando il pil sarà all’1,2%. Resta il nodo del debito. L’ultima revisione Istat ha suscitato sorprese. La Nadef lo dava al 140,2% lo scorso anno, ora l’istituto di statistica calcola il 137,3%, una base di partenza che è già sotto il 139,6% ipotizzato lo scorso settembre. Quest’anno dovrebbe mantenersi sotto il 140%, con una forchetta che oscilla tra una percentuale più vicina al dato del 2023 e una sulla parte alta.  Per il prossimo autunno, intanto, Istat ha già annunciato una nuova revisione generale dei conti pubblici a distanza di cinque anni dall’ultima.

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