Roma – Dopo gli interventi del regolatore e dei primi operatori, come Igt e Sisal, in programma della quattro giorni di eventi iniziata ieri, all’European Association for the Study of Gambling, l’’Easg 2024 ospitata al Lifestiyle hotel di Roma oggi 11 settembre è la volta di Alessio Crisantemi, direttore responsabile di Gioconews.it, a riflettere sugli sviluppi in Italia del dibattito e delle politiche sul gioco responsabile, in qualità di osservatore indipendente.
Rispondendo alle sollecitazioni di Pieter Remmers, fondatore di Assissa Consultancy Europe e promotore dell’evento biennale, Crisantemi si dice certo che “l’industria – e qui includo sia il regolatore che le imprese – stia facendo sforzi notevoli per aumentare la protezione dei giocatori e molto spesso anche oltre le indicazioni del legislatore (anzi, mi viene da dire ‘nonostante le indicazioni del legislatore, sapendo i danni che fa la nostra politica’). Ovviamente, pensando alle imprese, oguno agisce in modo diverso: non voglio fare nomi per non fare pubblicità gratuita a nessuna azienda, ma credo che il parterre di relatori di questo evento non sia stato casuale”.
Tuttavia, secondo Crisantemi, questo è “soltanto l’inizio, perchè l’industria italiana del gaming ha intrapreso un percorso fortemente orientato alla sostenibilità, affidandosi anche alla tecnologia. Questo lo abbiamo visto emergere chiaramente anche in occasione del recente evento che si è svolto sempre qui a Roma, Ige– Italian Gaming Expo & Conference, dove si è parlato principalmente di sostenibilità, gioco responsabile e di tutte le tecnologie e innovazioni applicate in questo campo: intelligenza artificiale e così via”.
Un percorso condiviso con la politica, che “ha pubblicato nuove regole con cui si innalzano notevolemente gli standard in termini di sostenibilità: anche se, in questo caso, vengono innalzati notevolmente anche i requisiti di accesso per le imprese, causando l’uscita di scena di alcuni medi o piccoli operatori. Ma questa è un’altra storia, anche se sarebbe molto interessante da trattare, anche questa”.
Crisantemi ripercorre, in maniera necessariamente succinta, il complesso e lungo iter che ha portato alla situazione attuale: “Quando si è avviata la regolamentazione in Italia del gioco d’azzardo, non c’era grande attenzione al contrasto del gioco patologico. Ma questo non tanto (e forse non solo) per la scarsa capacità del legislatore, ma bisogna conoscere bene il panorama in cui si stava intervenendo: in Italia una commissione di inchiesta in Parlamento aveva censito oltre 800mila videopoker illegali presenti in Italia e una spesa miliardaria da parte dei giocatori. E già all’epoca si parlava di miliardi di lire puntati online offshore (ed era soltanto il 2003! con internet non alla portata di tutti!) Quindi la situazione era – per semplificare – che tutti giocavano e tutti erano senza nessun controllo e protezione: quindi il semplice fatto di creare un’offerta di gioco di Stato e spostare i giocatori dall’illegale al legale era un risultato, anche in termini di protezione. E questo principio è stato il motore dell’industria e del legislatore per anni: quindi più aumentava la spesa nel gioco di stato e più si era contenti, perchè si stava togliendo terreno all’illegalità mettendo in sicurezza i giocatori. Poi però si è arrivati all’inversione di tendenza: e qualcuno ha iniziato a dire che questa crescita era pericolosa. Ed è evidente a tutti il pericolo. Ma c’era però un errore di fondo, perché la maggior parte delle persone pensava che si fosse passati da una spesa di 0 euro ai 90 miliardi e oltre di oggi. Quando in realtà gran parte di questi soldi prima non venivano contati perchè finivano nel mercato nero, e ora sono dello Stato. Quindi molto bene, dico io. Ma naturalmente non basta. Perchè se il gioco d’azzardo diventa di Stato, allora diventa consuetudine, e questo può avvicinare anche i più fragili. Quindi è emersa l’emergenza di fare di più non solo nella cura, ma anche e soprattutto nella prevenzione. E qui si sono fatti passi da gigante. Anche in termini di ricerca e studio, e voi qui ne siete testimoni.
Un altro passaggio chiave si è avuto nel 2012. Dopo il boom del gioco online e la progressiva regolamentazione di ogni forma di gioco, si è arrivati a un eccesso di promozione del gioco e non solo dell’offerta. Durante una partita di calcio si era praticamente sommersi di pubblicità di gioco d’azzardo e a volte anche di pessima qualità. Questo a portato a una serie di campagne contro l’azzardo e all’azione del ministro della Salute di allora, Renato Balduzzi, che ha introdotto una norma per limitare le promozioni e definire degli standard qualitativi. Quella secondo me è stata un’esperienza positiva e quel principio doveva essere sviluppato e perseguito nel tempo: invece – purtroppo per tutti – il governo populista del 2018 ha cambiato rotta introducendo un divieto totale che compromesso di molto anche il lavoro in termini di prevenzione e di tutela dei giocatori”.
Dall’excursus storico agli scenari futuri, e in particolare, chiede Remmers, a quella che potrebbe essere la situazione ideale in Italia.
“La situazione italiana è molto complessa anche perchè è ancora fortemente condizionata dai pregiudizi: per esempio il divieto di pubblicità di cui parliamo, tutti sanno che è un problema ma nessuno ha coraggio di cambiarlo per paura delle ricadute in termini di reputazione. Quello che serve, dunque, è una riforma generale e radicale, che possa risolvere i punti critici, come la corretta promozione del gioco, la giusta distribuzione dei giochi a livello terrestre, ma soprattutto servirebbe un’adeguata comunicazione. Penso sempre al lavoro splendido di divulgazione eseguito da Tony Blair in Regno Unito, non solo per il principio delle good causes – che io seguirei anche in Italia – ma anche per aver spiegato ai cittadini come veniva destinato ogni centesimo dei proventi del gioco d’azzardo. Questso sicuramente potrebbe cambiare la percezione e consentirebbe di affrontare il tema in maniera concreta, da tutte le parti, senza pregiudizi, e guardando alla vera sostenibilità. Ora il governo sta lavorando a un progetto di riforma e onestamente vedo anche un livello generale di maturità, sia nell’industria che nel Terzo settore, che mi fa essere ottimista”.
C’è da evidenziare, in questo contesto, l’evoluzione della percezione del gioco d’azzardo da parte del pubblico italiano. “Sicuramente la percezione è cambiata”, ma “rimane una grande distorsione nella percezione dei cittadini, che in parte è da considerare naturale o comunque inevitabile, ma in parte deriva anche dal fatto che abbiamo a che fare con un settore giovane e che soprattutto deriva da un passato oscuro. Quindi l’immagine collettiva è condizionata e ci vorrà del tempo.”
Crisantemi riflette, ancora: “Se chiediamo oggi a un cittadino qualunque cosa pensa del gioco d’azzardo, probabilmente avremo dalla paggior parte delle persone risposte negative. Ma se chiediamo alle stesse persone cosa pensano dell’alcol, magari risponderanno che bere una volta ogni tanto non fa male. Io detesto fare paragoni tra azzardo, fumo o alcol, ma in questo caso a livello di percezione credo sia importante riflettere. L’alcol è accettato socialmente. Il gioco d’azzardo no. O forse non ancora. Oggi però purtroppo abbiamo fatto enormi passi indietro con l’immagine negativa che è stata inflitta dal divieto di pubblicità, che ha soprattutto reso indistinguibile il gioco legale da quello illegale e questo ha creato una nuova, pericolosissima distorsione”.
Da giornalista, Crisantemi sottolinea infine il ruolo dei giornalisti: “Se l’industria del gioco ha un’immagine negativa in parte è anche per come viene raccontato il settore. Quindi è fondamentale il ruolo dei Media ma anche degli stessi operatori. Quest’ultimo è un punto che spesso sfugge: ma solo con addetti ai lavori preparati, adeguatamente formati e consapevoli del proprio ruolo si può offrire un’immagine seria all’estero. Per questo sono da sempre promotore di percorsi di formazione per gli operatori del gioco che a mio modo di vedere oltre a preparare gli operatori sul tema fondamentale del gioco responsabile, devono anche prepararli sulla comunicazione del gioco responsabile. Oggi tra i punti della riforma avviata dal governo italiano c’è anche l’obbligo di formazione per gli operatori. E spero che questo possa modificare radicalmente le cose”.