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Cosa rischia Apple (e il mercato delle app) con la nuova indagine aperta dall’Ue

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Lo scorso marzo l’Europa ha aperto tre indagini contro altrettanti colossi tecnologici: Apple, Meta e Google. La prima di queste tre indagini è arrivata a conclusione. E minaccia di porre le basi per una rivoluzione nei rapporti tra Bruxelles e Big Tech, aprendo la strada a multe da svariati miliardi di euro. Al vaglio dei tecnici Ue c’era ancora una volta l’Apple Store, passato al setaccio in base alla nuova legge europea sui mercati digitali, il Digital Market Act.

E secondo la Commissione le regole dello store ufficiale delle applicazioni di Apple viola le basi del mercato digitale europeo, impendendo agli sviluppatori di app di dare ai propri utenti la possibilità di acquistare i propri prodotti su canali di distribuzione alternativi.

 

Di cosa è accusata Apple e perché rischia 30 miliardi di multa

In pratica Apple è accusata di aver monopolizzato il mercato delle app sui propri dispositivi, dall’iPhone all’iPad. La difesa di Apple è affidata a due principi: il primo vuole che l’azienda sia in realtà conforme al Dma, quindi non violerebbe la legge; il secondo è motivato dalla necessità per Cupertino di offrire ai propri clienti la migliore esperienza possibile lato acquisto app, esperienza che solo il suo store garantirebbe.

Se le sue ragioni non dovessero battere quelle della Commissione, Apple rischierebbe una multa pari al 10% del propri fatturato globale: 30 miliardi di euro, cifra che la farebbe schizzare in cima a tutte le classifiche delle multe mai disposte da un’istituzione nei confronti di un’azienda privata. Non solo, se in futuro, dopo l’eventuale prima multa, Apple dovesse essere ritenuta colpevole di non aver fatto abbastanza, potrebbe ricevere una multa raddoppiata.

 

Cosa prevede il Digital Market Act

In base a quanto sostiene il Digital Market Act, “le imprese che distribuiscono le loro applicazioni tramite l’App Store di Apple devono poter informare gratuitamente i loro clienti delle possibilità di acquisto alternative meno costose, poterli indirizzare verso queste offerte e permettere loro di effettuare acquisti”. E per la Commissione questo a un anno dall’entrata in vigore della legge europea sul mercato digitale ancora non avviene.  Nonostante gli avvertimenti ripetuti dell’UE e le modifiche apportate da Apple.

Si tratta di un vecchio contenzioso tra il gigante americano e la Commissione, garante della concorrenza nell’UE. Per motivi simili, il gruppo di Cupertino è già stato multato a inizio marzo per 1,8 miliardi di euro dalla Commissione, al termine di un’inchiesta avviata nel giugno 2020 dopo una denuncia della piattaforma di streaming musicale Spotify.

 

Le accuse Ue vanno al cuore del modello di business di Big Tech

Le indagini e le multe dell’Europa a Apple – ma lo stesso vale per tutti i colossi tecnologici finora oggetto di indagini e contestazioni – riguarda il cuore stesso del loro modello di business. Elementi che hanno portato alla loro grandezza, alla loro consacrazione mondiale come colossi dell’industria, dell’economia, in grado di valere in Borsa quanto se non più di interi stati. Ma che ora cominciano ad essere oggetto di analisi. Perché dietro quella grandezza, dietro quella posizione acquisita, ci sarebbero decine, centinaia di aziende europee e non che non riescono a scalare nello stesso mercato dei colossi.

Per l’Ue il motivo è che i grandi dell’economia digitale impedirebbero agli altri di emergere tramite pratiche commerciali e concorrenziali scorrette. Ma è una tesi tutta da dimostrare. Anche perché l’UE ha detto che le accuse rappresentano un’opinione preliminare sul fatto che Apple abbia violato il Dma e non significano necessariamente che alla fine l’azienda sarà ritenuta in violazione delle regole.

“Negli ultimi mesi, Apple ha apportato una serie di modifiche per conformarsi al Dma in risposta al feedback degli sviluppatori e della Commissione Europea”, ha replicato Apple. “Siamo certi che il nostro piano sia conforme alla legge e stimiamo che oltre il 99% degli sviluppatori pagherebbe lo stesso importo o un importo inferiore ad Apple in base alle nuove condizioni commerciali che abbiamo creato. Tutti gli sviluppatori che operano nell’Ue sull’App Store hanno l’opportunità di utilizzare le funzionalità che abbiamo introdotto, compresa la possibilità di indirizzare gli utenti dell’app al web per completare gli acquisti a una tariffa molto competitiva. Come abbiamo sempre fatto, continueremo ad ascoltare e a confrontarci con la Commissione europea”.

 

Indagini simili negli Usa, nel Regno Unito e in Giappone

Ma allo stesso tempo Bruxelles ha detto che aprirà una nuova indagine sul modello commerciale di Apple per l’App Store, che comprende l’introduzione di una cosiddetta tassa sulla tecnologia di base che, secondo alcuni sviluppatori di app, renderebbe impossibile beneficiare delle nuove opportunità offerte dal Dma. E l’Europa si sta muovendo in anticipo su altri paesi, decisi però a percorrere lo stesso percorso. Negli Stati Uniti Apple è stata citata in giudizio dal Dipartimento di Giustizia perché sostiene di avere un monopolio illegale nel mercato degli smartphone.

L’azienda sta inoltre sostenendo in una corte federale statunitense di avere il diritto di prendere il 27% delle vendite di app attraverso sistemi di pagamento di terze parti, cosa che gli sviluppatori sostengono violi una sentenza del 2021. Anche il Giappone e la Gran Bretagna, che non fa più parte dell’Unione Europea, hanno avanzato regole per limitare il controllo di Apple sull’App Store.

Una manovra a tenaglia, mossa da un’unico comune denominatore: il mercato digitale non può essere libero e aperto a tutte le aziende se esistono colossi tecnologici in grado di determinarne le regole. Un’accusa. Un sospetto. Ci vorranno anni per capire se porterà a conseguenze, e in che mi misura.

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