Alla Gazzetta: «Non so se il Napoli vincerà lo scudetto, ma sono sicuro che lotterà. Certo serviranno i gol di Lukaku»
Napoli’s Italian defender #22 Giovanni Di Lorenzo celebrates after scoring a goal during the Italian Serie A football match between Napoli and Lecce at the Diego Armando Maradona stadium in Naples on October 26, 2024. (Photo by CARLO HERMANN / AFP)
Capello: «Il Napoli ha l’umiltà delle grandi squadre, Conte ha restituito all’Italia un grande Di Lorenzo»
Stralci del commento di Fabio Capello per la Gazzetta dello Sport:
Dal Maradona il Napoli ha mandato un messaggio che arriva dritto fino a San Siro: “Per lo scudetto noi ci siamo. E voi?”. Alla capolista ieri è bastato un gol per imporsi sul Lecce, un altro 1-0 come una settimana fa a Empoli, niente fuochi d’artificio ma altri tre punti. E tanta, tantissima umiltà. Sono convinto che questa sia una qualità preziosissima, perché è il tratto distintivo delle
squadre che arrivano fino in fondo. Non so se il Napoli vincerà lo scudetto, ma sono sicuro che lotterà: ha un grande allenatore, una rosa attrezzata, una città capace di caricare la squadra come poche altre e il vantaggio di non giocare le coppe europee. Certo, serviranno i gol di Lukaku, perché i campionati si vincono anche con i bomber, ma le capacità e l’esperienza del belga non si discutono. Conte in panchina, poi, è una garanzia: Romelu riprenderà a segnare perché chi sente la fiducia di Antonio riesce sempre a tirare fuori il meglio. Guardate Di Lorenzo, in estate era un giocatore in crisi tecnica e con la valigia pronta, oggi segna e decide. La cura Conte lo ha riportato ai fasti del Napoli di Spalletti e lo stesso ct ora se lo gode in Nazionale.
Capello: «In Italia i giocatori restano a terra dopo ogni contrasto, va bene anche ai tifosi»
«All’estero corrono, pressano e vanno in verticale. E un ritmo così serrato le italiane lo soffrono, lo abbiamo visto nelle ultime partite di Champions…».
Scusi Capello, ma non eravamo maestri nel pressare e andare in verticale?
«Eravamo, appunto. Poi…»
Che cosa è successo?
«Abbiamo iniziato a copiare Guardiola, ma con un ritardo di dieci anni, e i risultati sono questi. Andiamo più piano degli altri, il nostro possesso palla è spesso sterile, il pallone gira piano e male, abbiamo poca concretezza. È una strada che non ci ha portato da nessuna parte all’Europeo, e rischia di fare danni anche nelle Coppe. Eppure è chiaro dove va il calcio: persino la Spagna ha accantonato il possesso a tutti i costi per cercare la verticalità, ed è così che ha vinto l’Europeo. E il City di Guardiola tiene palla, sì, ma lo fa nella metà campo avversaria, non davanti alla propria area come succede in Serie A…».
Capello e la scarsa intensità del calcio italiano
È solo una questione di stile di gioco o c’entra la tenuta fisica?
«Il punto è l’intensità. Le squadre italiane, in Champions, vanno troppo piano perché sono abituate al ritmo della Serie A. Dopo la sconfitta del Bologna in casa dell’Aston Villa, ho chiesto a Italiano che impressione gli avevano fatto le due inglesi affrontate subito, Aston Villa appunto e Liverpool. Mi ha risposto: “Corrono, vanno più forte, hanno un altro passo”. Andate a vedere le partite di Zirkzee in Premier League e ditemi se vi sembra lo stesso giocatore che abbiamo ammirato a Bologna: in Italia faceva quello che voleva, in Inghilterra non ha nemmeno il tempo di pensare alla giocata che gli hanno già soffiato il pallone. Ecco, alle nostre squadre succede più o meno la stessa cosa»
Lei ha parlato di partite troppo spezzettate in Serie A.
«È così. Vedo continuamente giocatori che restano a lungo a terra dopo qualunque tipo di contrasto, e se l’arbitro prova a “velocizzare” protestano tutti, spettatori inclusi».