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Napoli – New York

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Recensione di
Paola Casella

giovedì 14 novembre 2024

Napoli, 1949. Un rombo assordante, e la casa dove la piccola Celestina abitava non c’è più. Con la casa se ne è andata anche la zia della bambina, che è orfana e ha visto partire la sorella maggiore Agnese per la lontana America insieme allo yankee che ha promesso di sposarla. L’unico amico rimasto alla bambina è Carmine, un ragazzino un po’ più grande di lei che vive di espedienti per le strade di Napoli. Carmine incontra George, un gigantesco cuoco afroamericano che lavora su una nave della Marina degli Stati Uniti. Carmine e Celestina finiranno su quella nave diretta a New York, dove la bambina spera di ritrovare la sorella, ma una volta arrivati all’indirizzo indicato da Agnese non la troveranno e intraprenderanno una serie di avventure che coinvolgeranno anche il commissario di bordo della nave Domenico Garofalo, una sorta di Mangiafuoco burbero ma dal cuore tenero.


Il riferimento al mondo delle favole non è casuale, perché per Napoli-New York Salvatores sceglie apertamente un tono fiabesco, attingendo anche alla letteratura “per ragazzi”, da Dickens a Stevenson a Salgari, nonché partendo da un soggetto mai realizzato di Federico Fellini e Tullio Pinelli e trasformandolo personalmente in sceneggiatura.

La storia però pare adatta soprattutto al palato statunitense, poiché Napoli-New York ribadisce tutti gli archetipi (e talvolta gli stereotipi) sia sull’Italia che sull’America di fine anni ’40 più graditi al pubblico d’oltreoceano.

Tutto ciò che è raccontato in Napoli-New York potrebbe avere un’angolazione più originale, ma Salvatores perde l’occasione di lasciare più spesso una zampata irriverente come l’unica che chiude il film, e che ci fa desiderare che Napoli-New York avesse come trama il concetto, ben enucleato dalla canzone finale, secondo cui “nu guaglione nun se vende ‘a dignità”, e avrebbe potuto raccontare con più “cazzimma” la storia di un Lucignolo nella Terra delle opportunità, dotato di quel tanto di insolenza e refrattarietà alle regole del Nuovo Mondo che avrebbe funzionato da granello nel perfetto ingranaggio dell’American Dream.

Ci sono comunque molte cose buone in Napoli-New York: la regia sicura e competente di Salvatores, la sua abilità nel dirigere i giovanissimi (bravi e intensi Dea Lanzaro e Antonio Guerra), l’estrema cura formale, i colori del sogno americano, il montaggio secco di Julien Panzarasa, la fotografia vintage di Diego Indraccolo (new entry nella squadra Salvatores), e una colonna sonora di brani utilizzati come supporto narrativo che mette insieme Jimmy Durante e la Nuova compagnia di canto popolare. Ottimi, secondo il registro della favola, l’interpretazione di Pierfrancesco Favino e lo strepitoso cammeo di Antonio Catania nei panni del direttore di un quotidiano per la comunità italiana a New York.



Ma si sente molto anche una compiacenza che Fellini avrebbe evitato, una strizzatina d’occhio a C’era una volta in America) e un’altra ai movimenti femministi (inserendo un accenno di violenza domestica per giustificare una vendetta personale), un omaggio a Titanic e un altro a West Side Story (via Tom Waits). Da Gabriele Salvatores ci aspettavamo, anche in un “racconto di Natale”, la capacità di innovazione e l’anticonformismo mostrati, ad esempio, ne Il ragazzo invisibile e in Io non ho paura, per citare altri suoi film con giovanissimi protagonisti.


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Due bambini in un epico viaggio da una parte all’altra dell’Atlantico.

Overview di
Andrea Fornasiero

lunedì 11 dicembre 2023

Nell’immediato dopoguerra, tra le macerie di una Napoli piegata dalla miseria, i piccoli Carmine e Celestina tentano di sopravvivere come possono, aiutandosi a vicenda. Una notte, s’imbarcano come clandestini su una nave diretta a New York per andare a vivere con la sorella di Celestina emigrata anni prima. I due bambini si uniscono ai tanti emigranti italiani in cerca di fortuna in America e sbarcano in una metropoli sconosciuta, che dopo numerose peripezie, impareranno a chiamare casa.

Tratto da una sceneggiatura di Federico Fellini e Tullio Pinelli, ritrovata nel 2006, è il primo film napoletano di Gabriele Salvatores, che dice di essersi ispirato alla memoria della sua famiglia. Sarà parlato in napoletano stretto e, almeno stando alle dichiarazioni del regista, sarà senza sottotitoli. Nel cast anche Francesco Favino, di nuovo in un ruolo nautico negli anni Quaranta come in Comandante.


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