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Romeo è Giulietta

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Recensione di
Paola Casella

mercoledì 14 febbraio 2024

Vittoria è un’attrice che ha commesso un grosso errore: spacciare per proprio un testo teatrale, ricavandone un’accusa di plagio e l’impossibilità di presentarsi ai casting. Federico Landi Porrini è un regista teatrale geniale ma intrattabile che ha disperatamente bisogno di un successo per ritornare in auge, e spera di ottenerlo mettendo in scena al Festival dei Due Mondi di Spoleto un Romeo e Giulietta originale: peccato che non gli venga una buona idea a pagarla oro, e che non riesca nemmeno a trovare i suoi attori protagonisti – anche perché fa del suo meglio per cacciare tutti quelli che gli si presentano, fra cui Rocco, il compagno di Vittoria. La stessa Vittoria, miracolosamente arrivata ad ottenere un provino per la parte di Giulietta, viene allontanata malamente da Landi Porrini.

La giovane donna allora decide di imbastire un imbroglio ai danni del regista, travestendosi da uomo e proponendosi per il ruolo di Romeo. Inaspettatamente Federico viene conquistato proprio da quel Romeo sui generis, e Vittoria rinuncerà temporaneamente a svelare l’inganno, prendendo gusto alla possibilità di calcare di nuovo le tavole del palcoscenico.


Un po’Shakespeare in Love, un po’ Tootsie, molto Victor Victoria (di cui la protagonista ha anche il nome), e ovviamente “La dodicesima notte” scespiriana, Romeo è Giulietta è una commedia degli equivoci gradevole e ben scritta da Pilar Fogliati, Nicola Baldoni e Giovanni Veronesi, che dirige con mano più leggera del solito, rispettando l’afflato gentile del testo.


E il cast corale funziona, soprattutto la stessa Fogliati nel ruolo di Vittoria, credibile anche in versione maschile, e Sergio Castellitto ne panni dell’isterico Federico. Ma il colpo d’ala viene da due comprimari: Geppi Cucciari, che ha le battute più divertenti consegnate nel modo migliore nella parte della truccatrice Gloria, e soprattutto Maurizio Lombardi, che invece conferisce pathos e umanità commoventi a Lori, il compagno di Federico.

La sceneggiatura modula bene i toni, e ognuno degli attori contribuisce con qualcosa di personale alla storia – ad esempio Pilar Fogliati con la dolcezza e Sergio Castellitto con il piglio polemico – senza però soverchiare il proprio ruolo con la propria immagine cinematografica. Ogni scena e battuta serve a portare avanti la trama, invece di limitarsi a costruire gag estemporanee, come da pessimo costume delle commedie cinematografiche italiane recenti: la matrice qui è più Goldoni e Feydeau che Vanzina e Pieraccioni. E le frecciatine a Tik Tok, agli influencer o ai reality sono una presa di distanza da un sottobosco molto lontano dalla nobiltà del teatro classico o, come direbbe Federico Landi Porrini, dalla “bolla di pochezza” in cui siamo immersi.



Romeo è Giulietta racconta bene la peculiarità del mondo degli artisti teatrali che “tengono più al ruolo che all’orgoglio”, che sono disposti anche a truffare pur di rimanere in scena, che non conoscono altra vita che quella del palcoscenico e fanno del proprio narcisismo una bandiera. E allo stesso tempo celebra la coerenza rigorosa di un regista, l’autentica passione recitativa di un’attrice, l’ammirazione sconfinata di un compagno che forse non brilla per talento ma sa eccellere in generosità d’animo. Andrea Guerra firma le musiche un po’ troppo presenti e Virginia Valsecchi coproduce (insieme a Indiana e Vision) con la neonata Capri Entertainment, mentre il padre Pietro, ex Taodue, è coautore del soggetto con Giovanni Veronesi.


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