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Il treno dei bambini è il film di Natale che ci fa piangere senza ritegno

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Amerigo ha otto anni e vive nei Quartieri spagnoli di Napoli. È il 1946 e sotto le macerie della guerra, la città soffre la fame. La madre decide così di spedirlo al Nord da un’altra famiglia per qualche mese per strapparlo temporaneamente alla miseria. Così Amerigo prende il treno, uno di quelli organizzati dall’Unione donne del Partito comunista italiano in una campagna di solidarietà poco conosciuta ma che ha unito, per un po’, il Nord e il Sud. Nella campagna modenese, preso in affido da una donna inizialmente riluttante, il bambino scoprirà un nuovo mondo ma andrà incontro anche a una grande sofferenza. È la trama de Il treno dei bambini, il film di Cristina Comencini tratto dal romanzo di Viola Ardone che è arrivato su Netflix. È una storia che ha tutti gli ingredienti per essere memorabile: il dramma sociale, la separazione familiare, l’infanzia rubata, i tanti modi di essere madri e un Paese che si scopre capace di atti straordinari di solidarietà. In breve: il film di Natale perfetto per farci piangere senza ritegno.

IL TRENO DEI BAMBINIANNA CAMERLINGO

È apprezzabile però che Comencini non cerchi di commuoverci a ogni costo. C’è una certa eleganza nella sua scelta di lasciare che le emozioni emergano senza forzature, affidandosi a dettagli silenziosi: uno sguardo trattenuto, un momento di esitazione, una parola non detta. Serena Rossi, nel ruolo di Lucia, la madre di Amerigo, è impeccabile: non c’è traccia di facile eroismo, solo il pragmatismo di chi sa che mandare via il proprio figlio è l’unico modo per offrirgli una possibilità di sopravvivenza​. Barbara Ronchi, che interpreta Derna, è eccezionale (ma ormai lo sappiamo, è sempre una certezza), nel suo modo di restituire tutti i sentimenti contraddittori di una donna che si trova a fare da madre «a tempo» a un bambino.

Il Treno dei Bambini

Il Treno dei BambiniAnna Camerlingo/Netflix

Forse il film avrebbe potuto sporcarsi le mani un po’ di più e guardare in faccia anche alcuni elementi solo accennati, come il divario Nord-Sud e la diffidenza verso i comunisti che organizzano i treni e sono sospettati letteralmente di «mangiare i bambini». Ma a Comencini interessa soprattutto il lato umano della storia, che è già di per sé una presa di posizione politica. Perché la solidarietà vera che racconta è quella messa in atto da persone non ricche, ma contadini che avevano qualcosa da mangiare, un orto e qualche animale. Un gesto quasi rivoluzionario di cui l’Italia fu capace grazie all’azione delle donne.

IL TRENO DEI BAMBINI

IL TRENO DEI BAMBINIANNA CAMERLINGO

C’è però un dettaglio che non sfugge: Il treno dei bambini ricorda, per ambientazione, stile produttivo e la presenza dietro le quinte di alcuni sceneggiatori in comune, il film C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Anche lì, un’Italia povera, ma intrisa di dignità, diventa il terreno fertile per raccontare storie dal respiro universale. La domanda è legittima: si tratta di un tentativo consapevole di replicare il modello di un cinema italiano popolare, appetibile anche per il pubblico internazionale? Forse sì, e non sarebbe una cattiva idea.

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