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Il giorno dell’incontro, un film potente, lancinante, col respiro delle narrazioni anni ’50

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giovedì 12 dicembre 2024 – Focus

Un film lancinante, potente, che ha il respiro delle grandi narrazioni degli anni ’50. Un film immerso in un bianco e nero che dipana ricordo, nostalgia, cinema, struggimento. Un film che racconta un pugile, ma in cui la boxe è poco più di un pretesto, per raccontare il momento in cui si fanno i conti con la propria vita

Il giorno dell’incontro di Jack Huston, nipote di John, il regista del Mistero del falco e di mille altri film. Day of the Fight, stesso titolo di un film di Stanley Kubrick, un cortometraggio che Kubrick diresse nel 1951, e che ha in comune con questo film lo stringersi dentro una sola giornata, e il raccontare un pugile, a New York, filmato in bianco e nero. 

Sembra fuori dal tempo, da qualsiasi tempo, Il giorno dell’incontro. Nel suo procedere dentro una New York anni ’80 di docks, di strade di Brooklyn dense di graffiti e di homeless. Un film che va, con il suo protagonista Michael Pitt, lungo la linea 2 della Subway, quella metropolitana dal tragitto infinito, che va da Brooklyn al Bronx. Un film che parla di boxe, sì, ma soprattutto di conti con la vita. Conti da regolare. In un bianco e nero che è più cinema di qualsiasi cosa abbiamo visto negli ultimi mesi

Michael Pitt appare, lontano anni luce dal ragazzo che avevamo incontrato in The Dreamers di Bertolucci. Nel 2022, le cronache ce lo avevano raccontato dopo un suo arresto, con l’accusa di aggressione e furto. Era seguito un ricovero in un istituto mentale. Sembravano lontani gli anni in cui era una rivelazione, in cui aveva interpretato Kurt Cobain in Last Days di Gus van Sant. E tutto questo dolore, questa rabbia, questo deragliamento si vedono, in lui, nel suo sguardo, nel suo modo di recitare. Sembra quasi, in alcune scene, che faccia fatica a pronunciare le parole, come se ci fosse un nodo troppo forte da sciogliere, prima di parlare.  

Lo vediamo correre, all’inizio del film, come Sylvester Stallone all’alba, nelle strade di Philadelphia, in Rocky di John Avildsen, il padre e la madre di ogni film sul pugilato. E non è un caso, certamente. Poco dopo, lo vediamo bere un bicchierone con delle uova appena tirate fuori dal frigo. Sbrodolandosi, come Stallone in Rocky, in quella scena in cui aveva messo la sveglia in piena notte, per andare ad allenarsi. E aveva ingurgitato sei uova, dal frigo allo stomaco, sbrodolandosi tutto sulla tuta grigiastra, uguale a quella di Pitt in questo film. 

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