È stata una scelta pragmatica, in attesa che Lukaku cresca. Torino ha confermato la solidità difensiva del Napoli. McTominay il migliore
Napoli’s Italian forward #21 Matteo Politano (L) fights for the ball with Juventus’ Turkish forward #10 Kenan Yildiz during the Italian Serie A football match Juventus vs Napoli at the Juventus Stadium in Turin on September 21, 2024. (Photo by Isabella BONOTTO / AFP)
Il grande ritorno del 4-3-3, più o meno
Alla fine è successo davvero. A dispetto di quanto scritto nell’ambito di questa rubrica, Antonio Conte ha ceduto alla sirena della difesa a quattro. Al richiamo sinuoso del tanto amato 4-3-3. Il fatto che questa trasformazione sia avvenuta alla vigilia di Juventus-Napoli, come dire, non fa altro che aumentare l’impatto della decisione di Conte. Di una rivoluzione che sa di restaurazione.
La verità, però, è che questo cambio di assetto ha un’anima molto diversa rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare. Nel senso che è distante millemila anni luce dagli assurdi discorsi sulla bellezza che abbiamo sentito (letto) negli ultimi giorni, dall’idea per cui il Napoli debba praticare un certo tipo di calcio, quello e nient’altro. In soldoni: il nuovo 4-3-3 disegnato da Conte va letto in chiave puramente pragmatica. Anzi, vi diremo di più: il ritorno alla/della linea a quattro è una mossa puramente difensiva. Nel senso che è stata pensata, allenata e poi attuata in modo che il Napoli potesse contenere la Juventus. Per frustrarne il gioco. E ha funzionato alla grande.
Ma andiamo con ordine, partendo dalla formazione iniziale: rispetto alle prime quattro gare di campionato, Conte ha spostato uno dei due braccetti della difesa a tre (Di Lorenzo) e un quinto di centrocampo (Olivera) nel ruolo di laterali della linea a quattro. E ha inserito McTominay al posto di Mazzocchi. In questo modo, si è determinato il passaggio dal 3-4-3/5-4-1 a un 4-3-3/4-5-1 che però in realtà, come vedremo tra poco, era tutt’altro che rigido. Anzi, si potrebbe anche azzardare: non era un vero e proprio 4-3-3, soprattutto in fase di costruzione.
Doble pivote, fluidità, Scott McTominay
Quando Meret (poi sotituito da Caprile) e/o i centrali avviavano l’azione, infatti, il Napoli si disponeva con Lobotka e Anguissa davanti alla difesa a quattro. Qualche metro più avanti rispetto al doble pivote, McTominay si muoveva quasi nel ruolo di sottopunta, o comunque sulla stessa linea di Kvaratskhelia e Politano. Che, a loro volta, si mantenevano abbastanza stretti sul terreno di gioco. In virtù di tutto questo, si può dire che Conte abbia preparato la partita disegnando una sorta di 4-2-3-1 in fase di possesso.
Due frame in cui si vede – piuttosto chiaramente, per altro – la disposizione del Napoli in fase di costruzione: difesa a quattro, doble pivote e McTominay schierato qualche metro più avanti
Ora bisogna chiedersi – e quindi provare a capire – perché si è arrivati a questa metamorfosi. Nel postpartita, Conte ha spiegato che «il 3-5-2 ammazzerebbe troppi giocatori della rosa. Un allenatore si adatta alle caratteristiche dei giocatori, c’era l’intenzione di non lasciare il pallino del gioco in mano alla Juventus». Ecco, sono vere entrambe le letture. Perché, in effetti, il 3-4-3 usato finora – così come un ipotetico 3-5-2 – costringerebbe molti giocatori importanti (McTominay, gli esterni offensivi) a snaturarsi o a rimanere in panchina. Allo stesso tempo, però, questo cambio di sistema ha permesso al Napoli – lo abbiamo già anticipato – di essere ancora più fluido. E di limitare la Juventus in quella che è la sua espressione migliore: la costruzione dal basso.
Da quando è arrivato a Torino, Thiago Motta ha lavorato su un modulo particolarmente articolato: un 4-2-3-1/4-3-3 che si deforma fin dalla primissima impostazione. Come? Con lo scivolamento di un esterno difensivo accanto al playmaker davanti alla difesa, un movimento sistemico che porta i bianconeri a costruire con un sistema 3+2.
La struttura difensiva fluida del Napoli: dall’alto in basso, il 4-4-2 puro, il 4-5-1 e il 4-2-3-1
Di conseguenza, come si intuisce chiaramente da questi screen, la nuova disposizione difensiva del Napoli serviva proprio per sporcare la costruzione di Savona, Kalulu, Bremer, Cambiaso e Locatelli. Anche in fase passiva, la squadra di Conte è stata particolarmente fluida. È come se si fosse adattata al recipiente che gli veniva proposto dalla partita: a volte gli azzurri difendevano con un 4-5-1 classico, altre invece si disponevano con il 4-4-2. Ma a Torino si è vista anche un’ulteriore opzione: il 4-2-3-1 disegnato in fase di possesso veniva mantenuto anche quando la palla ce l’aveva la Juventus.
È intuitivo – quindi abbastanza facile – captare tutte queste possibilità negli screen appena sopra. E basta riguardarli un attimo di più per capire che l’uomo-cuneo di tutti questi cambiamenti si chiama Scott McTominay. È stato proprio il centrocampista scozzese a dividersi tra i vari slot, e infatti a fine gara lo scozzese è risultato il calciatore in campo che ha accumulato più chilometri percorsi in assoluto, cioè considerando quelli del Napoli e anche quelli della Juve – per una quota complessiva di 12.815.
Con la nuova disposizione, insomma, il Napoli ha creato le condizioni per opporsi bene alla Juventus. Per non perdere contatto fisico con i giocatori di Thiago Motta fin dalle primissime fasi di gioco. Non siamo (ancora?) alle marcature fisse uomo su uomo, Conte non ha (ancora?) virato verso un sistema vicino a quello di Gasperini. Ma è evidente che, con il sistema utilizzato a Torino, il Napoli potesse difendere sempre in parità numerica. È una semplice questione matematica: il 3+2 (a volte anche 3+1) di Motta era pareggiato dal quartetto Politano-Lukaku-McTominay-Kvara, a cui spesso si aggiungeva uno tra Lobotka e Anguissa. Dietro, i due laterali bassi (Di Lorenzo e Olivera) seguivano Yildiz e Nico González, mentre McKennie, Koopmeiners e Vlahovic erano affidati a Lobotka, Rrahmani e Buongiorno. Con il 3-4-3/5-4-1 questi accoppiamenti non sarebbero stati possibili.
Conseguenze
Ne è venuta fuori una partita bloccata, anche noiosa in diversi tratti. A dirlo, come al solito, sono i dati. Quelli (bassissimi) degli xG, 0,31 sia per la Juve che per il Napoli secondo il modello di Sofascore, sono già abbastanza indicativi. Ma ci sono altri numeri da snocciolare. Per esempio: la Juventus ha tenuto il pallone per il 65% del tempo di gioco, ma ha prodotto un solo tiro in porta – quello scoccato da Yildiz al minuto 49, per altro semplicissimo da contenere – e poco altro. Da segnalare davvero, forse, c’è solo la conclusione tentata da Koopmeiners, su assist di Cambiaso, al 69esimo.
C’è da dire che il Napoli non ha fatto molto di più: una botta di McTominay dal limite dell’area, ben contenuta da Di Gregorio; una bella azione a convergere di Politano che si è conclusa con un tiro a giro di poco altro; un’interessante azione che ha portato ancora Politano a pochi passi da Di Gregorio, ma in quel caso il suo tiro è stato deviato in angolo.
Ecco, a (ri)guardare Juve-Napoli da questa prospettiva Conte non può essere pienamente soddisfatto – e tra poco ne parleremo. Ma è vero pure che bisogna cambiare il punto di osservazione, almeno per un attimo. Nel senso: il Napoli è andato a giocare in casa della Juventus da capolista virtuale (cioè al netto degli exploit di Torino e Udinese) e ha gestito questo big match con assoluta tranquillità. In chiave difensiva, d’accordo, ma il calcio non è solo attacco. In questo modo, Conte ha mantenuto inalterate le distanze dai bianconeri, ha contenuto il potenziale sorpasso dell’Inter (i nerazzurri devono vincere il derby per mettersi a +1) e ha fatto un pieno di autostima. Tattica e non solo. Sono tutte cose significative. E non fatevi fregare: l’allenatore del Napoli le guarda eccome, le altre squadre. Per vincere il campionato, o quantomeno per provarci, è un passaggio inevitabile.
In attacco
Può sembrare un paradosso, ma il pieno di autostima di cui abbiamo parlato deriva anche dalle difficoltà offensive manifestate dal Napoli. Che, ripetiamolo a scanso di equivoci, in attacco ha creato davvero pochino. È facile capire cosa intendiamo: a Torino la squadra di Conte ha giocato per la prima volta con un sistema tutto nuovo – no, il 4-3-3 degli anni scorsi non c’entra niente con quello disegnato dal nuovo allenatore. E Lukaku, a detta dello stesso Conte, paga ancora un chiaro deficit di condizione fisica.
Tutti i palloni toccati da Romelu Lukaku
Bisogna partire proprio dal centravanti belga per spiegare i problemi e raccontare i margini di crescita del Napoli, del nuovo-nuovo Napoli di Conte. Intanto sopra trovate la mappa di tutti i palloni che ha giocato, di per sé eloquente. Da questi dati discende un discorso tattico relativo ai principi di gioco su cui Conte sta fondando il suo progetto: con il 4-3-3/4-2-3-1 visto a Torino, sarebbe necessario che il centravanti – Lukaku in questo caso, ma il discorso è valido in generale – svolgesse un lavoro diverso rispetto a quello fatto nella partita giocata a Cagliari, in cui Lukaku ha agito essenzialmente come pivot, come stazione di posta da cui far partire tutte le azioni. Per dirla in parole povere, servirebbe un attacco della profondità più costante e più convinto.
Ecco, in questo momento Lukaku non è ancora pronto per giocare questo tipo di partita. Certo, l’andamento della gara di Torino è inevitabilmente legato anche all’ottima prestazione di Bremer, uno dei pochissimi difensori della Serie A in grado di tenere l’uno contro uno – corpo a corpo, ma anche in velocità – con il centravanti del Napoli. Anzi, forse anche questa lettura potrebbe aver spinto Conte a varare la sua rivoluzione/restaurazione: l’inevitabile duello tra Lukaku e Bremer e l’ipotizzabile difficoltà del belga andavano in qualche modo compensate con la costruzione di un’altra trama offensiva. Ovvero con la ricerca del gioco tra le linee passando per un altro centrocampista – McTominay, naturalmente – e l’accentramento costante dei due esterni offensivi, in modo da liberarli alla conclusione. Proprio così è nata una delle azioni migliori, e più pericolose, costruite dalla squadra di Conte:
Dopo aver visto questo video la prima volta, concentratevi sui movimenti di Lukaku
Ecco, in questo minuto scarso c’è tutto quello che Conte ha provato a tirare fuori, tatticamente, da Juventus-Napoli. Ci sono il pressing e gli accoppiamenti difensivi che spingono/costringono gli uomini di Thiago Motta a lanciare la palla in avanti. C’è McTominay che lavora tra le linee, come trequartista centrale del 4-2-3-1, che fa da sfogo per la manovra offensiva e che smista il gioco in ampiezza. Infine c’è Politano che si muove internamente, si fa dare la palla e poi si inserisce nel buco lasciato da Lukaku, abilissimo a farsi seguire da Bremer e a liberare spazio per i compagni.
In futuro, almeno secondo quanto anticipato dalle parole di Conte e dallo storico di Lukaku, questo tipo di movimenti si alterneranno con una maggior ricerca della profondità. Con un’alternanza più evidente tra gioco sul lungo e gioco sul corto, da parte del centravanti belga. A quel punto, difendere contro di lui e contro il Napoli diventerà molto più difficile. A maggior ragione se pensiamo che di centrali forti come Bremer, in Serie A e non solo, non è che ce ne siano così tanti.
Conclusioni
Gli ingressi di Folorunsho, Simeone e David Neres non hanno cambiato la sostanza delle cose. Della partita tattica del Napoli. Thiago Motta ha provato a incidere di più, togliendo Vlahovic – riferimento avanzato classico – e inserendo Weah, un attaccante più mobile. Ma la tenuta difensiva del Napoli è rimasta inalterata, anzi è sembrata ancora più accentuata. Più sicura. Ed era esattamente ciò che cercava/voleva Conte, per quello che era a tutti gli effetti il primo big match della sua nuova avventura.
Ora sarà interessante capire i prossimi passi dell’allenatore del Napoli. Nel senso: il nuovo 4-3-3 puramente difensivo – definiamolo così, per comodità – visto a Torino avrà una derivazione più spregiudicata in altre partite, contro altri avversari? Il 3-4-3 è stato definitivamente accantonato oppure vedremo anche una nuova versione con McTominay, di gran lunga il giocatore con i migliori spunti personali – fisici, ma anche tecnici – visto sul prato dell’Allianz Stadium? E soprattutto: che tempi occorreranno a Lukaku per arrivare/mantenersi al top?
Tutte queste domande possono essere poste perché, nel frattempo, Conte ha costruito una chiara ed evidente solidità arretrata. Ed è una sensazione che resiste, indifferentemente che la difesa sia a tre, a quattro o a cinque. Ecco, questa è la grande notizia arrivata da Torino: contro un’avversaria tecnicamente alla sua altezza, per qualcuno anche più forte, il Napoli ha potuto/saputo cambiare struttura tattica e non ha perso sicurezza difensiva. Ha concesso poco se non niente, ed è proprio da qui che si cominciano a costruire le grandi stagioni. Le grandi squadre. Proprio come fanno gli ingegneri con i palazzi: prima partono dalle fondamenta e poi si dedicano a tutto il resto.