«I documenti del Mimit-Ministero delle imprese e del Made in Italy raramente parlano della nostra supply chain, guardando ad altri settori di natura tecnologica, innovazione e sostenibilità. Il mio timore è che questa filiera non sia considerata strategica, per tanti motivi, tra cui la frammentazione e la scarsa rappresentanza da parte di alcuni brand», ha spiegato Flavio Sciuccati, senior partner di The European house- Ambrosetti, società di consulenza e advisory strategica, in occasione della seconda giornata del MFGS-Milano fashion global summit 2024.
«È qui che servirebbe un’alleanza con la Francia, ma partirei da quella tra Cnmi-Camera nazionale della moda italiana e la Chambre syndicalede la haute couture, con Sidney Toledano che conosce benissimo il nostro mondo», ha evidenziato durante il panel Progetto Canova, perché serve una strategia di rimpatrio dei marchi. «In Italia i 200 milioni che fanno parte del fondo per il Made in Italy, li investirei su questo fronte». Proseguendo: «Faccio fatica a immaginare che il private equity scenda in campo, a differenza del corporate, citando l’ipotesi di vendita di Versace di queste settimane. Inoltre, mentre sono nate delle realtà virtuose di aggregazione per i produttori, come il gruppo Florence, Pattern group e Minerva hub, lato marchi questo non è successo».
Da qui il progetto Canova: «Lo scultore neoclassico fu incaricato di riportare in Italia 250 opere trafugate da Napoleone. La mia vuole essere quindi una suggestione. In questi anni sono stati venduti 70 marchi dal 2000, tra questi ci sono i gioielli e Gianfranco Ferré che dobbiamo andare a riprenderci, così come Gherardini. Con The European house- Ambrosetti facilitiamo questo tipo di progetti». Il panel si è aperto con i numeri della moda italiana, un’industria mossa da 60 mila imprese, 500 mila addetti, 120 miliardi di euro di fatturato export. «È un settore che vale tanto, ma è frammentato e non è al centro dell’attenzione del governo, serve una regia centrale. Abbiamo 25 brand in mano ai francesi che trattano bene la nostra manifattura, hanno capito che è un’eccellenza e che l’alta moda si fa in Italia. Ma l’errore commesso è che si è dato troppo rilievo ai grandi marchi, soprattutto francesi. Ci siamo dimenticati dei piccoli, non li abbiamo difesi ma anzi venduti. Il 40% delle imprese ha dimensioni inferiori al milione di euro».
Sciuccati ha quindi spiegato la scarsa tutela su questo fronte. «Perché è un errore? Per loro vocazione e business model, i big spingono la nostra manifattura verso il conto lavoro. Uno dei temi è quindi il ritorno dei piccoli brand, dalle start-up alle realtà sleeping. Le imprese con un ebit inferiore al 10% appartengono alla conceria, pelle, calzatura che sta soffrendo tantissimo, così non si va lontano, anche sul fronte della transizione sostenibile», ha concluso. (riproduzione riservata)