Torino — La prima differenza è nello sguardo. In questa folla ordinata che passa da un appuntamento all’altro, da una masterclass a un’intervista con il futuro investitore, nei giorni di Italian Tech Week, lo sguardo è quello di chi cerca opportunità. Nell’arcata centrale delle Officine Grandi Riparazioni di Torino si incontra una buona parte dell’industria tech italiana e finalmente anche un pezzo di quella internazionale.
I badge colorati hanno un pregio fondamentale: nomi e cognomi sono scritti a caratteri cubitali. Sembra una scelta da poco, ma è la chiave di volta per incontrare il prossimo cliente o collega. Il contatto LinkedIn diventa un volto, una mano da stringere.
La seconda differenza la fa la lingua: l’inglese non sembra più, finalmente, un problema. La terza la fa l’attitudine con cui si partecipa a una conferenza: viviamo in un tripudio di eventi, ma questo non è un evento. È una conferenza, e ognuno deve fare la propria parte. Gli oltre ventimila partecipanti a questa edizione di Italian Tech Week, l’evento organizzato da Vento (Exor) con il Gruppo Editoriale Gedi rispondono a queste caratteristiche: in gran parte under 40, molti uomini ma anche tante donne, identità globale, tutti a caccia di opportunità. Lo sguardo non è quello di chi è ancora in cerca di un selfie con il grande nome, ma di chi al grande nome vuole parlare, spiegare, chiedere un consiglio. Costruire qualcosa.
Diceva David Weinberger ormai qualche tempo fa, nel 2011, che «la persona più intelligente nella stanza è proprio la stessa stanza». La frase dell’autore del Cluetrain manifesto nasceva per spiegare il potere della connessione tra le persone nella distribuzione della conoscenza. Da allora il digitale ha cavalcato una rivoluzione, abbiamo perduto qualche illusione sulla democrazia diretta, perso un sacco di tempo sui social media, e ora ci affacciamo all’epoca dell’intelligenza artificiale. Non è dunque un caso che proprio una conferenza riesca a riunire e far incontrare le persone.
A Torino per Italian Tech Week sono arrivati da tutta Europa, dagli Stati Uniti, persino dalla Russia. Fergus McKenna, 25 anni, è co-founder della startup Foralink, direttamente da Belfast. Tiphanie Maya, 26 anni, freelance nell’arte 3D, ha viaggiato da Monein, cittadina del sud Ovest della Francia. Bill Haughey, 18 anni compiuti da poco, americano di Boston, è arrivato da Roma, anzi Castel Gandolfo, dove con i suoi colleghi ha iniziato a frequentare un college cattolico dedicato al tech (CatolicTech). «A Boston e nell’area da dove arrivo le conferenze come queste ci sono spesso, ma è la prima volta che ne trovo una in Italia. Ci tornerò», spiega.
C’è dunque una buona dose di serendipity nel gestire gli incontri, ma anche molto studio. Sull’app di Italian Tech Week sono stati prenotati 10.600 incontri uno-a-uno nell’area networking: si arriva, ci si siede al tavolo e si racconta il proprio progetto. Ci vuole coraggio, ma il contesto aiuta. Anche Sam Altman, del resto, ha riconosciuto che il mercato italiano del venture capital deve ancora crescere. «È anche una questione di ambiente. Ci vogliono tanti elementi affinché accadano i cambiamenti. Formare una comunità è importante perché rispetto al singolo può fare molto di più», ha detto il co-founder di Open AI.
I progressi sono nel percorso degli ultimi anni. Sembra una vita fa, ma nel giugno 2018 un forum che fu di fatto l’antenato di Italian Tech Week, voluto da John Elkann, portò in città Reid Hoffman, il fondatore di LinkedIn. A Torino, con sabaudo understatement, si usava dire talvolta: ci sono più investitori che founders, ovvero più soldi pronti da investire che nuovi imprenditori disposti a rischiare. Qualcosa sta cambiando, non solo a Torino. Le startup italiane iniziano a raccogliere fondi più rilevanti, come dimostra l’annuncio di Jet Hr di questa settimana (12 milioni a un anno dalla fondazione), gli unicorni come Satispay crescono e si espandono. Italian Tech Week è diventata per molti imprenditori l’occasione di un nuovo incontro, e per brand già affermati una palestra per attrarre talenti. La storia continua.