Blackout totale, l’Italia non si è vista
(Alessandro Bocci) Il calcio ambizioso a cui ambisce Spalletti per adesso è patrimonio assoluto della Spagna. La sconfitta va oltre l’1-0 figlio della sfortunata autorete di Calafiori dopo poco meno di un’ora, ma è netta sul piano del gioco, dell’intensità, della qualità, delle occasioni. L’Italia evita l’umiliazione solo per le prodezze di Donnarumma, lui sì all’altezza della notte di Wembley: tre parate decisive nel primo tempo, altrettante nel secondo.
La Roja domina dall’inizio alla fine, ha già vinto il girone e per quello che mostra sarà un osso duro per chiunque, anche per Francia e Inghilterra considerate le vere favorite dell’Europeo.
L’Italia proprio non c’è, cancellata in fretta dal campo e mai capace di entrare in partita, se non negli ultimi secondi, spinta dalla forza della disperazione. Una lezione severa. La distanza tra le due realtà è enorme. I progetti di Spalletti si scontrano con la dura realtà dei fatti dentro l’Arena di Gelsenkirchen.
Gli azzurri vengono travolti nel primo tempo e non riescono a rialzarsi neppure nel secondo. Luciano era curioso di vedere a che punto siamo. Il risultato è deludente. All’Italia manca tutto, il gioco, la personalità, la qualità per fronteggiare sfide di questo livello. Sovrastata in ogni zona del campo. La strada verso la gloria è lunghissima e in salita. Quella verso gli ottavi legata alla partita con la Croazia, lunedì a Lipsia.
Con un pari gli azzurri sono sicuri del secondo posto che ci spedirebbe a Berlino contro la seconda del girone della Germania, probabilmente la Svizzera. Ma niente funziona. Il calcio liquido finisce liquefatto. Una sconfitta amarissima.
Il minuto di silenzio per Gerhard Aigner, ex segretario della Uefa mancato ieri, anticipa l’avvio fulminante della Spagna che prende subito il controllo della partita. Ritmo, pressing alto, qualità nel palleggio, velocità di esecuzione. La regia potente di Rodri, i movimenti chirurgici di Pedri, le incursioni di Fabian Ruiz e se Yamal è un po’ discontinuo, sull’altra corsia Nico Williams è un portento tanto da far venire il mal di testa al povero Di Lorenzo. L’Italia arretra, perde le distanze, smarrisce in fretta i comandamenti di Spalletti.
Il pallone ce l’hanno sempre loro e all’intervallo l’unica buona notizia è il risultato. Lo 0-0 conservato dalle prodezze di Donnarumma: dopo novanta secondi sull’incornata di Pedri, dopo 24’ sulla girata di Morata, poi sul tiro da fuori di Ruiz quasi all’incrocio dei pali.
Nell’Italia niente funziona. Scamacca è isolato e statico, Chiesa non attacca mai Cucurella e neppure aiuta Di Lorenzo. Frattesi si sbatte un po’ di più, ma i risultati sono modesti. L’Italia gioca sempre dentro la propria metà campo. Troppi errori, a cominciare da Barella, il migliore con l’Albania.
Spalletti cammina su e giù davanti alla panchina come un disperato, litiga con de la Fuente e all’intervallo resta in panchina con il fido Domenichini per studiare come rialzarsi.
Le mosse sono due, subito dopo l’intervallo: Cristante per Jorginho e Cambiaso, sistemato a destra davanti a Di Lorenzo, per Frattesi in una sorta di 4-5-1 nel tentativo di dare robustezza alla squadra. Non cambia niente. L’Italia resta in apnea, spinta all’indietro, surclassata dal ritmo e dal pressing degli indiavolati spagnoli. Pedri sbaglia un gol quasi fatto e dopo l’autogol sfortunato di Calafiori, Donnarumma tira fuori un’altra paratona su Morata.
L’Italia balbetta, sbaglia le uscite, soffre in ogni zona del campo. Spalletti tenta altre due mosse, fuori Chiesa e Scamacca, inguardabili, dentro Zaccagni e Retegui. L’argentino ha anche un’occasione ma non riesce a deviare sottomisura il cross basso di Cristante. Poi ancora Spagna e ancora Donnarumma in versione super, due paratone su Perez. Si chiude all’attacco. Ma è solo un’illusione. La realtà dice che la Spagna è su un altro pianeta.