Qualcosa si muove nel golf italiano: Ivan Rota ci mette la faccia e scende in campo nella corsa alla presidenza di Federgolf. Di per sé questa è già una notizia: il presidente uscente Franco Chimenti avrà quindi un candidato con il quale confrontarsi e, a spoglio ultimato, stringere la mano qualunque sia l’esito dell’urna.
La conferma della candidatura del bergamasco Ivan Rota – 65 anni, oggi consigliere regionale in Lombardia per Forza Italia – arriva in questa lunga e altrettanto franca intervista dove si affrontano di petto uno dopo l’altro i problemi del nostro movimento. Si parla di uomini, di bilanci, del costo della tessera, della Ryder Cup, di politica, di presidenti di circolo…
di Sauro Legramandi
Rota, la voce circola da qualche settimana ma ora serve un passo in avanti. Si candida o non si candida a Federgolf?
“Sì, la mia candidatura è ufficiale. Martedì 27 febbraio ho inviato una mail a trecento circoli per esprimere disponibilità e intenzione di candidarmi quando saranno indette le elezioni per il rinnovo del consiglio federale”.
Qualcuno avanza dei mal di pancia sul sistema elettorale in vigore: cosa ne pensa?
“Sono rispettoso delle regole esistenti, accetto di giocare con queste regole e cerco di vincere con queste. Ritengo che il regolamento elettivo attuale non sia del tutto democratico perché non consente un’ampia partecipazione. Però sono altrettanto convinto di poter vincere con questo regolamento. Poi mi impegnerò a cambiare le regole ma dopo essermi confrontato con presidenti, tecnici e maestri, tutti coloro che amano il golf e lavorano nel suo mondo”.
L’aspetto che le lascia il maggior rammarico?
“Ci sono un centinaio di strutture italiane da dove escono parecchi golfisti che, tutte insieme, fanno il voto di un singolo campo. Non va bene. Va promosso un maggior equilibrio con chi crea nuovi golfisti attraverso strutture promozionali e campi pratica”.
La politica, nel senso alto del termine, entrerà in queste elezioni? Chimenti, in carica da sei mandati, vi ha avuto a che fare per forza
“Il presidente uscente non è certamente uno sprovveduto. Lo ha dimostrato in questi 24 anni e sei mandati dove è riuscito a partecipare a una competizione elettorale e vincerla senza che nessuno mettesse il numero due sulla schiena partecipando alla competizione. Ha vinto prima dell’Assemblea, facendo in modo che nessuno diventasse un’alternativa, dimostrando una mancanza di coraggio. L’elezione non è uno scontro, è un confronto tra idee diverse. Lui ha vinto da buon politico competendo da solo. La politica non deve entrare nei meccanismi dello sport ma deve sostenerlo. La politica deve promuovere lo sport. Ben vengano azioni di sensibilizzazione”.
Spesso politica va di pari passo con fondi e stanziamenti…
“In questi anni la politica ha dato molti soldi al golf italiano, offrendogli un’opportunità. Ha dato parecchi milioni di euro per la Ryder Cup, un evento che mi ha reso molto felice già quando l’Italia se lo aggiudicò. Ero certo che fosse una leva per il nostro movimento, per aumentare il numero dei praticanti. Purtroppo le cose sono andate diversamente: in questi anni non si è fatta una comunicazione adeguata, l’opportunità è andata persa. Se usi i soldi che arrivano dalla politica – ad esempio – non per mettere a posto e rilanciare la Scuola Nazionale ma per ristrutturare una struttura privata hai mal gestito i soldi della politica. Io avrei messo a posto campo, foresteria della Scuola nazionale e rilanciare il mio Golf Nazionale dove mio sta per “della Federgolf”.
Chissà, magari con centri non solo a Roma…
“Sistemando quel percorso quello sarebbe diventato il campo della federazione, con annessi e connessi. Poi avrei pensato a qualche centro promozionale nelle grandi città”.
La squadra di Ivan Rota c’è già?
“No, non c’è ancora per un semplice motivo. Non credo ai capi, credo in quattro qualità prioritarie: competenza, amore, passione e impegno. Tutti declinati per il golf. La squadra non c’è perché la cercherò nelle prossime settimane nel giro che farò in tutti i circoli. Il mio sarà un team di sette membri. Non prometto a venti persone un posto in una squadra da sette pensando magari alla campagna elettorale. Ho bisogno di persone innamorate del golf, competenti e che si prendano l’impegno di lavorare per il golf. Oggi la squadra non è prioritaria ma in Assemblea, dirò il mio programma, poi il mio libro dei sogni da realizzare in futuro e quindi presenterò la squadra. Senza pizzini e senza raccolta di deleghe”.
Non le piace il sistema delle deleghe?
“Ai presidenti e ai tecnici dico: venite fisicamente a votare. Assumetevi l’onere di dedicare una giornata ogni quattro anni all’Assemblea della Federazione”.
L’adagio lo conosciamo: “tutti si lamentano ma nessuno ci mette la faccia”
“Con Chimenti ho un ottimo rapporto e lo stimo perché per principio io stimo chi si mette in gioco. In questi anni lui è stato bravo ad essere il solo candidato a presentarsi alle elezioni. Così il presidente di circolo cosa ha pensato? “C’è un solo nome, è inutile la mia presenza: delego il presidente del Comitato Regionale a rappresentarmi”. Quest’anno un’alternativa c’è: mi auguro che per senso di responsabilità e serietà i presidenti si spostino dal loro ufficio per venire a votare di persona. Da tesserato pretendo che il mio presidente mi rappresenti in Assemblea. Io la faccia ce la metto: è ora di superare la fase del mugugno e rimboccarsi le maniche”.
Su Golfando ho chiesto ai lettori la prima cosa che farebbero se fossero presidenti di Federgolf. Loro punterebbero su giovani, comunicazione diversa e campi pubblici. Lei?
“Da imprenditore la prima cosa che farei è efficientare la struttura federale. Nessun imprenditore gestirebbe quelle risorse umane nella maniera che evinco dai bilanci: una mia azienda con 42 dipendenti non potrebbe reggere a un costo annuale di 79mila euro cadauno. Metti anche che valgano tutti quei soldi: quelle persone devono esser presenti alle 9 di ogni mattino, ad esempio, per rispondere al telefono al Segretario.
Il secondo pensiero va ai conti della federazione, credo che i prossimi anni saranno abbastanza complicati. Poi penserei all’attività giovanile, ai nostri professionisti. Infine cambierei modalità di comunicazione. Il nostro sport deve essere percepito per com’è: bello, accessibile, economico e salutare. Il golf deve appassionare. Il presidente deve confrontarsi con sindaci e governatori per cercare insieme spazi per strutture promozionali sul territorio, magari in accordo con i circoli della zona. Perché non coinvolgere l’Anci e lavorare gomito a gomito per far crescere il nostro mondo? I nuovi golfisti portano benefici anche ai vecchi circoli”.
Siamo alle solite, ossia a “il golf è uno sport per ricchi”…
“Comunichiamo meglio e cambiamo la percezione diffusa! Vent’anni fa a Mozzo (Bergamo) ho lanciato il Golf Indoor: il primo giorno sono venute più di tremila persone. Il nostro slogan era ovunque a Bergamo e provincia, a partire dai bus. Credo di aver messo in mano i bastoni a otto-novemila persone quando mi occupavo dell’indoor a tempo pieno. Giocatori e abbonati dell’indoor hanno proseguito in circoli della zona.
Per questo dico che chi è a capo di un’istituzione può alzarsi dalla sua poltrona, andare a parlare con sindaci e circoli non solo in campagna elettorale, magari in una trasferta finanziata dalla comunità golfistica. Si faccia un accordo con Anci e Regioni, si parli con sindaco e/o assessore di una grande città per recuperare uno spazio in città e dedicarlo al golf, in collaborazione con i circoli della zona. Federgolf non deve metterci soldi ma impegno e idee.”
Poi andrei a parlare col presidente della Rai, gli chiederei uno spazio mezz’ora al giorno su Rai Sport. Devo entrare nelle case degli italiani, in chiaro. Vede, è l’approccio generale che ritengo non adeguato. Per esempio: quando ho nove italiani sul Tour non compro una pagina di un quotidiano per dire ‘quanto sono bello, quanto sono bravo’. Risparmio ma ne compro mezza per spiegare cosa stanno facendo di bello i nostri nove in giro per il mondo. E ancora: in scadenza di mandato non prenderei impegni per due anni, come la nomina del direttore della Scuola Nazionale. Sono impegni che vincolano ogni eventuale successore…”
Tre punti fermi del suo manifesto elettorale?
“Donne, scuole e disabili erano i punti fermi quando si sono chiesti soldi al governo in chiave Ryder Cup e devono essere mantenuti. Mi sembra incredibile che proprio nell’anno della Ryder Cup non sia stato organizzato l’Open d’Italia femminile e anche quest’anno, quindi per il secondo anno consecutivo, non si hanno notizie e non figuri in nessun calendario. Ma chiaramente ci sono molti altri punti importanti, come ad esempio la comunicazione, che andranno sviluppati.
Capitolo Scuole: il rapporto deve essere molto più organico, dobbiamo usare meglio l’esperienza dei nostri professionisti.
Sui disabili ricordo ancora con piacere quanta passione e quanto amore persone come Roberto Caia mettevano nell’AGID, l’Associazione Golfisti Italiani Disabili. Un presidente deve per prima cosa parlare alle loro famiglie. Il golf è l’unico sport che mette il disabile in condizione di battere il normodotato. Per me questo è esaltante”.
Presidente a tempo pieno o presidente part time?
“Ho un impegno con Regione Lombardia che mi porta a lavorare tantissime ore al giorno e dal quale non posso recedere, non sarebbe corretto. Sono un uomo delle istituzioni: considero Federgolf alla stregua di un’istituzione e quindi a Roma due giorni a settimana ci sarò comunque. Sono consigliere regionale, il Consiglio è la mia attività come lo sarà la presidenza in caso di successo. In quel caso però avrò 42 persone nella Capitale che, insieme al gruppo dei consiglieri, dovranno lavorare bene. Parlerò con tutti loro. Spiegherò cosa voglio. Non m’interessa lo spoils system”.
Capitolo bilancio, che ne pensa?
“Vorrei vedere nel dettaglio quello del 2023, prima dell’Assemblea 2024, anche perché ci sono molte voci che potremmo definire generiche, sulle quali sarebbe auspicabile un approfondimento. C’è tanto da fare”.
Da qualche anno si auspica di creare due entità distinte: da una parte la Federazione, dall’altra una Lega dei circoli. Come la vede?
“Conosco da dentro realtà come GolfImpresa, il consorzio di imprenditori golfistici. Un’eventuale Lega e Federgolf hanno mission diverse. La seconda punta alla diffusione e alla promozione, la Lega potrebbe puntare su turismo e sviluppo. Pensate a quante fiere di turismo golfistico ci sono nel mondo. La Federgolf deve esserci non con uno stand suo bensì con una grande area, magari chiamata Golf Italia. Le 42 persone di cui sopra dovrebbero lavorare per riempire quell’area con gli stand dei singoli circoli di casa nostra. Tutti presenti sotto l’egida federale, magari con il ministro del Turismo al taglio del nastro per illustrare – oltre alla nostra grande offerta golfistica – quanta cultura e quanto cibo abbiamo”.
Parliamo al golfista amateur, quello che paga la tessera annuale alla Federazione e gioca la coppa fragola
“Non prometto il taglio del costo della tessera subito. I conti devono quadrare e gli impegni vanno mantenuti, parlo con lo spirito da buon padre di famiglia. Il mio obiettivo è tornare – sul lungo periodo – alla cifra ante-Ryder Cup, ai 75 euro. Lo farei con vari meccanismi e incentivi a chi porta un neofita. Cerco amateur che diventino ambasciatori di questi incentivi”.