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Joao Fonseca: chi è la stellina del tennis che affronta l’Italia in Coppa Davis e che in Brasile chiamano «il piccolo Sinner»

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diGuendalina Galdi

Classe 2006, nato a Rio de Janeiro. L’idolo è Federer ma l’obiettivo è il trono di Sinner: il giovane Joao Fonseca è pronto a prendersi la scena

Joao Fonseca si presenta a Bologna per la Coppa Davis, nella squadra brasiliana, come il «piccolo Sinner». «Mi piace giocare aggressivo come Jannik, ho un buon servizio e gambe molto magre. Per questo motivo in Brasile mi chiamano così». E il soprannome non poteva essere più pesante ma poco importa per chi ha un carattere come il classe 2006 nato a Rio de Janeiro. Sicuro, sicurissimo di sé, tanto da aver già affermato in una delle (tante) interviste che ha già rilasciato alla sua giovane età che vuole diventare il numero uno del mondo. Il nuovo Sinner insomma. Spavaldo e talentuoso, la stellina brasiliana è nel primo team con il quale se la vedrà l’Italia campione in carica di Volandri. Non una certezza, però un potenziale jolly. La carta «baby» da potersi giocare tentando l’effetto sorpresa. Chissà.

Segui qui la diretta di Italia-Brasile prima giornata di Coppa Davis




















































Pensieri e ipotesi, vicini e futuri. Fonseca si augura una carriera come quella del suo idolo Roger Federer («Adoravo la facilità con cui colpiva la palla») ma intanto è parte della sua «scuderia», per quanto riguarda la linea di abbigliamento sportivo «On» che il brasiliano indossa e di cui Roger è co-proprietario. Fonseca è diventato maggiorenne ad agosto e ha scelto di prendere la strada del professionismo, rinunciando al College. Scelta consapevole e in linea con le ambizioni del ragazzo che è stato numero uno tra i giovani e che ha vinto gli Us Open junior mesi fa.

Complice una buona dose di talento unita a una disciplina che il suo coach, Guilherme Teixeira che lui considera un secondo padre, gli impone per il suo bene. Un esempio è l’uso dei social network: vietato prima e dopo le partite. Instagram non esiste, per comunicare «uso solo WhatsApp e parlo solo con la mia famiglia, con il mio team e qualche amico stretto». Basta. Questione di metodo

Tra i primi che si sono accorti del suo talento ci sono papà Christiano e il suo insegnante di yoga. Quando Joao aveva due anni, il padre praticava arti marziali e, a casa, lezioni di yoga appunto. «Questo ragazzo ha dei riflessi e una coordinazione superiori alla media», disse il maestro, tanto per condire ancora di più questa storia che vuole diventare una leggenda. Poi il ragazzo, tifoso del Flamengo, fino agli 11 anni si è diviso tra calcio e tennis ma alla fine racchette e palline hanno avuto la meglio. 

Famiglia sportiva ma Joao ama sopra ogni cosa giocare a carte con il nonno, mentre a tavola è ghiotto di açaí (una super bacca proveniente dalle palme dell’Amazzonia e molto diffusa in Brasile, nota per le sue proprietà terapeutiche e perché è un forte antiossidante e ricca di proteine, vitamine A, B e C, fibre e minerali, in particolare calcio, e acidi grassi essenziali). Pochi segreti, alte aspettative che un ragazzo spavaldo come lui non nasconde: «So di avere le qualità e io voglio dedicarmi al mio obiettivo: diventare il numero 1 del mondo. Ma voglio anche restare umile, affrontando ogni step nel modo più corretto. Senza preoccuparmi di quello che le persone dicono di me».

11 settembre 2024 ( modifica il 11 settembre 2024 | 14:21)

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