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La mancanza di diversity nei corpi raccontata da Muriel De Gennaro

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C’è stato un momento, qualche anno fa, in cui per un attimo abbiamo pensato che davvero qualcosa stesse cambiando, che le tante parole spese sull’inclusione dei corpi avessero fatto breccia anche là dove non si pensava di poter arrivare, ai piani alti della moda, sulle passerelle delle Fashion Week. Non abbiamo fatto in tempo a chiederci cosa stesse spingendo i brand ad avvicinarsi al movimento body positive, che il ritorno della moda Y2K si è portato con sé, assieme alla vita bassa, anche il ritorno dell’estetica heroin chic, come se non avesse già fatto abbastanza danni. L’inversione di tendenza è evidente, tanto che, durante la scorsa Fashion Week Autunno/Inverno 2024, l’attivista e content creator Muriel De Gennaro ha iniziato a tappezzare Milano di volantini con su scritto «Missing» e la foto del suo corpo, uno dei tanti corpi nuovamente esclusi dal mondo della moda.

«Le Fashion Week di New York e Londra, che in passato erano avanguardistiche in termini di diversità, stanno ora seguendo gli standard estetici tradizionali», racconta Muriel a Cosmopolitan, «Milano, addirittura, sembra essere in una fase di regressione totale; vedere 36 uscite di modelle canoniche e solo due di taglia 44, giusto per ottenere il bollino “inclusività”, è inaccettabile e lontano dalla vera rappresentazione diversificata». Questa tendenza rischia di confermare un’attenzione alla body positivity unicamente legata al “fare notizia” mentre a livello mainstream si promuove un unico canone accettabile con conseguenza sulla percezione stessa che abbiamo dei nostri corpi. «Ogni decennio ha le proprie tendenze, comprese quelle relative ai corpi e alla bellezza, e il rischio è che la diversità fisica venga trattata come un trend effimero piuttosto che come un cambiamento significativo», continua Muriel, «Tuttavia, i corpi non dovrebbero essere considerati una moda, poiché la rappresentazione corporea nella moda ha un impatto profondo sulla società e sulla salute mentale». Quest’anno, dunque, in collaborazione con il magazine indie inline The Italian Rêve, De Gennaro ha deciso di presentare una mostra fotografica dal titolo Have you seen this body per smuovere le coscienze e sensibilizzare sull’inclusione oltre il “corpo ideale”.

La mostra prevede un’inaugurazione il 20 settembre su invito e sarà aperta al pubblico gratuitamente il 21 settembre a Milano (Via Angelo Della Pergola 11/4). «Il cambiamento nel mondo della moda e l’esclusione di certi corpi è chiaramente evidenziato dalle statistiche», spiega ancora Muriel, «Nonostante il crescente dibattito sulla diversità e l’inclusione, le Fashion Week e le campagne pubblicitarie continuano a privilegiare modelle e modelli che rispettano standard estetici tradizionali. I dati mostrano una persistente predominanza di corpi canonici e una limitata rappresentazione di diversità fisica. Questo indica che, mentre la discussione sulla rappresentazione inclusiva è in aumento, l’effettiva integrazione di corpi diversificati nel settore della moda rimane ancora limitata». Da qui nasce la necessità di continuare a parlare di diversity, di canoni estetici limitanti e discriminanti e del potere che abbiamo come consumatori nel chiedere di più a un’industria che condiziona profondamente l’immaginario dei nostri corpi.

Alla mostra saranno esposte fotografie di nudo artistico scattate da Johnny Carrano che celebrano una varietà di fisicità diverse: immagini che, come spiega De Gennaro, mettono in luce «il contrasto tra la rappresentazione di persone con make-up di sfilate iconiche e la realtà della loro esclusione». I corpi ritratti saranno circondati tutto intorno da delle braccia, come se cercassero di allontanarli dal set, simboleggiando la non accettazione. «L’industria della moda ha il potere di influenzare le percezioni e i valori culturali; pertanto, una vera inclusione e una rappresentazione autentica non solo rispecchiano la realtà, ma contribuiscono al benessere collettivo. Il sospetto che l’industria possa puntare a mantenere un’aura di esclusività per attrarre attenzione non giustifica il ritorno a standard estetici limitati».

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