I segnali di allarme ci sono, e da tempo: il rallentamento dei giganti del lusso (Kering, ma anche Lvmh), il calo dei consumi in Cina, i costi della logistica in aumento complice il conflitto in Medio Oriente e quelli di energia e materie prime che risentono ancora della guerra in corso in Ucraina. E, ancora: il costo del denaro ancora alto, le tensioni geopolitiche legate sia ai conflitti di cui sopra sia a una serie di elezioni politiche chiave, dalle europee del giugno scorso a quelle americane, a novembre. Ora arrivano anche le conferme in numeri: secondo i Fashion economic trends diffusi dalla Camera nazionale della moda italiana (Cnmi) la moda italiana, allargata ai settori collegati come occhialeria e beauty, chiuderà il 2024 a 97,7 miliardi di euro di ricavi, in frenata del 3,5% rispetto al 2023. E torna sotto i 100 miliardi di euro di ricavi in valore.
Soffrono i settori chiave: tessile, abbigliamento, scarpe e borse
A soffrire sono in particolare i settori cosiddetti “core”: tessile, abbigliamento, calzature e pelletteria nel primo trimestre hanno registrato un calo dei fatturati del 10% e nel secondo trimestre del 6,7%. I settori collegati (beauty, occhiali, gioielli e bigiotteria) hanno invece registrato una crescita nei due trimestri analizzati (+4,9% e +3,2%), bilanciando parzialmente il calo dei settori chiave.
«Questo momento è critico, sappiamo tutti che ci sono guerre in zone chiave del mondo, che i consumi in Cina sono calati per la crisi del real estate, però le prospettive per la moda italiana sono di crescita: ci aspettiamo che in 5 anni cresca del 20%. Dobbiamo mostrare resilienza per un periodo che va dai 12 ai 18 mesi e lavorare per la solidità di un sistema in cui c’è bisogno di tutti, dei grandi marchi e delle piccole aziende – ha spiegato Carlo Capasa, presidente di Camera moda -. Per questo siamo stati, lo scorso 6 agosto, al Tavolo della Moda al Mimit a chiedere una serie di misure per tutelare in primis le Pmi: moratoria sui prestiti, cassa integrazione ordinaria per le aziende con meno di 15 dipendenti. E sembra che il governo sia già al lavoro su questi fronti».
Le esportazioni continuano a trainare il settore
L’idea è quella di tenere il punto in attesa che i consumi ripartano in alcune aree chiave, come la Cina e gli Stati Uniti. Le esportazioni, infatti, nonostante la situazione internazionale complessa, continuano a trainare i conti del made in Italy: nei primi 5 mesi dell’anno le esportazioni sono aumentate del 5,1% e secondo i Fet a fine 2024 arriveranno alle soglie dei 94 miliardi di euro, in aumento del 5,5% rispetto al 2023. Questo dato segnala come sia proprio il mercato interno (incluso il B2b, pensando per esempio al tessile in forte sofferenza) a stare vivendo il periodo peggiore. Una situazione che emerge chiara anche dal calo (-1,4%) delle importazioni. Nota positiva: dall’export in crescita, a fronte dell’import in contrazione, arrivano 46,1 miliardi di euro di surplus commerciale, ben 14 miliardi in più rispetto al 2019. Anche in questo caso si nota la differenza sostanziale tra l’andamento dei settori core, dove l’export cala del 2,8% nei primi 5 mesi complice un -55% della Svizzera (hub logistico dei gruppi del lusso) e dei collegati che invece hanno registrato quasi un +30%, trainati dal boom della gioielleria (+58%) e grazie a un export record verso la Turchia, ma anche Emirati, Spagna e Regno Unito. «A livello globale c’è una forte richiesta di prodotti Made in Italy legati al mondo del fashion che va colta e sviluppata proprio perché il sistema moda è quello che più di altri contribuisce al consolidamento dell’immagine delle eccellenze del nostro Paese all’estero – ha detto Lorenzo Galanti, dg di Ice -. Il contesto geopolitico caratterizzato dall’instabilità politica e dagli effetti dei conflitti sulle catene di approvvigionamento e sulla logistica impone una forte capacità di adattamento e agilità, aspetti tipici delle aziende e imprenditori made in Italy, per reagire e andare a cogliere le opportunità in mercati con le migliori prospettive e dove la domanda è in crescita. Sostenibilità e innovazione sono punti di forza delle imprese italiane del settore sui mercati esteri che potranno fare la differenza nella performance sui mercati esteri».
La fashion week vetrina fondamentale
In questo contesto aumenta l’importanza degli appuntamenti che, da metà settembre, si svolgeranno a Milano per promuovere le collezioni primavera-estate 2025. In testa, la Milano Fashion Week che in questa edizione, allungata di un giorno grazie a un complesso (e lungo) lavoro di aggiustamento dei calendari internazionali, prevede 173 appuntamenti di cui 57 sfilate fisiche, 8 show digitali, 75 presentazioni, 33 eventi. La fashion week inizierà il 17 settembre con l’apertura del Cnmi Fashion Hub a Palazzo Giureconsulti, pensato come vetrina per i giovani designer, e si chiuderà “fisicamente” domenica 22 settembre con l’evento Cnmi Fashion Sustainable Awards 2024 al Teatro alla Scala, nell’ambito del quale verranno premiate alcune best practice della moda sostenibile e socialmente responsabile. Il 23 settembre sarà invece dedicato a otto show digitali, tra cui quelli di Husky, Chiara Boni e Jacob Cohen.