HomeEntertainmentLast Film Show

Last Film Show

Date:

Related stories

Italian Pro Tour: all’Argentario Golf Club inizia l’Italian Challenge Open

All’Argentario Golf Club inizia l’Italian Challenge Open, secondo torneo...

Italy hails late World Cup icon Schillaci

18 settembre 2024 | 13.18 LETTURA: 1 minuti Foreign minister Antonio...
spot_imgspot_img

Recensione di
Simone Emiliani

mercoledì 23 agosto 2023

Samay è un bambino di nove anni che vive in un remoto villaggio dell’India. Aiuta il padre che ha un chiosco che vende il tè nei pressi di una stazione ferroviaria e passa gran parte delle sue giornate a raccogliere oggetti sulle rotaie della ferrovia. Un giorno va con la famiglia al cinema e ne resta folgorato. Da quel momento trova ogni pretesto per non andare a scuola, prendere il treno e raggiungere la sala. Quando viene scoperto senza biglietto e buttato fuori dal cinema, trova un accordo con il proiezionista; Samay potrà guardare i film gratis in cabina di proiezione in cambio dei buonissimi piatti cucinati dalla madre. I suoi racconti appassionano anche gli amici e assieme a loro, di nascosto dai genitori, decide di costruire una sala cinematografica casalinga. Fino a quando viene scoperto.


Tutto parte dalla luce. Prima della sala, prima dei film. Samay è catturato proprio da quel fascio, vicino lo schermo, la prima volta che è andato al cinema.



Probabilmente le citazioni iniziali dei fratelli Lumière, Eadweard Muybridge (citato recentemente da Jordan Peele in Nope attraverso la sequenza del cavallo al galoppo), David Lean, Stanley Kubrick e Andrej Tarkovskij non riguardano solo l’opera di cineasti amati ma proprio il fondamentale lavoro che hanno fatto con la luce nella loro opera.

A prima vista può apparire come un gemello indiano di Nuovo Cinema Paradiso. Salvatore del film di Tornatore e Samay in Last Film Show sono catturati dalla magia del cinema e poi in entrambi è strettissimo il rapporto con la cabina di proiezione. Sono tutti e due film sulla memoria, anche sulla nostalgia del cinema del passato. Nel film di Pan Nalin, regista famoso soprattutto per Samsara del 2001, non contano tanto i titoli dei film quanto soprattutto le scene. Di un musical, di un film d’avventura, dai classici del cinema indiano, ma anche melodramma, action, horror. Sono quei frammenti che ipnotizzano il protagonista, che creano una personale complicità con lo schermo.

Proprio per questo, Last Film Show è soprattutto un film sulla materia del cinema e, sotto questo aspetto, lo rende molto vicino a The Fabelmans. Se il protagonista del film di Spielberg (citato forse anche nella corsa dei ragazzini in bici che inseguono il camion che sta portando via le pellicole) ricostruiva con un modellino la scena dello scontro tra il treno e l’auto dei criminali in Il più grande spettacolo del mondo, Samay con i suoi amici cerca di ricreare una sala cinematografica artigianale. Gli oggetti sono, proprio per questo, fondamentali: la scatola di fiammiferi, il cartone con cui progettare il rettangolo dello schermo, la lente d’ingrandimento, i riflessi nello specchio, la bottiglia verde che filtra la luce del paesaggio visto dal treno.




C’è però anche una riflessione spietata da parte di Nalin sulla ‘spietatezza’ del progresso: la cabina di proiezione che cambia aspetto e diventa asettica dopo il passaggio dalla pellicola al digitale, il treno che non ferma più nella stazione dove il padre del protagonista vende il tè, i vecchi proiettori distrutti.

Last Film Show, scelto per rappresentare l’India agli Oscar 2023, a prima vista potrebbe essere visto come l’esempio di un cinema da esportazione per farsi piacere dal pubblico occidentale. Forse in parte è vero, però è proprio la sua natura sperimentale che gli consente di essere più affascinante che furbo.

Per sottolineare fin troppo ripetutamente il legame col cinema (insistiti i momenti dove Samay e i suoi amici toccano pezzi di pellicola), lascia in secondo piano i legami familiari, dal contrastato rapporto del ragazzino col padre ai piatti cucinati dalla madre. Però l’omaggio è autentico. La pellicola che si spezza divide il passato dal futuro. Nel primo caso c’è ancora un omaggio autentico verso cineasti che hanno fatto la storia del cinema indiano come Satyajit Ray, Guru Dutt o Kamal Amrohi, nel secondo l’incertezza della vita che verrà e che sarà, ancora una volta, indissolubilmente legata al cinema. Anzi, si partirà di nuovo dalla luce. Per un nuovo inizio.


Sei d’accordo con Simone Emiliani?

Scrivi a Simone Emiliani



- Never miss a story with notifications

- Gain full access to our premium content

- Browse free from up to 5 devices at once

Latest stories

spot_img