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May December

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Recensione di
Paola Casella

mercoledì 24 maggio 2023

Elizabeth è un’attrice di successo che si trasferisce temporaneamente a casa di Gracie Atherton-Yoo, la donna che dovrà interpretare in un biopic. Anni prima Gracie si era trovata al centro di uno scandalo di cui avevano parlato tutti i mass media: moglie e madre esemplare in una cittadina del sud degli Stati Uniti, a 36 anni aveva iniziato una relazione extraconiugale con Joe Yoo, un tredicenne di origine coreana. La relazione era uscita allo scoperto e Gracie aveva lasciato marito e figlio per vivere alla luce del sole la sua storia con Joe, sfidando la disapprovazione dell’ex marito e del figlio, nonché della comunità di Savannah. Joe e Gracie si erano sposati, avevano avuto tre figli e avevano continuato a vivere nella loro cittadina proclamando il loro vero amore. L’arrivo di Elizabeth però farà da cartina di tornasole di tutti i problemi rimossi da Grace, che sfoggia un sorriso costante e un’inesauribile capacità di apparire indenne da quello scandalo.

La storia di May December è pane per i denti del regista e sceneggiatore Todd Haynes, che conserva una particolare affinità con il “re del melodramma” Douglas Sirk di cui condivide la determinazione adesplorare l’universo della proibizione sociale: l’omosessualità del marito di Lontano dal paradiso, quella di Carol e Therese in Carol, e ora la relazione fra una donna e un ragazzino.

Ma questa volta scava il regista più a fondo nella psicologia complessa di Gracie, che gradualmente manifesta una sempre più inquietante incapacità di cogliere l’anomalia della sua situazione, e di rendersi conto che il suo sentimento per Joeha sfiorato il terreno pericoloso della manipolazione.

Nel presente, Gracie comanda Joe a bacchetta, con l’intento di dare al mondo un ritratto di perfetta normalità secondo i codici della buona borghesia: guai ad ammettere che lei e il giovane maritosiano una coppia meno che riuscita, guai a mettere in conto che forsela minore età di Joe all’epoca dell’inizio della loro relazione potesse essere stata caratterizzata da uno squilibrio di consapevolezza (“May-December” è un modo per indicare una relazione in cui la differenza di età è talmente grande che i componenti della coppia rappresentano mesi molto lontani all’interno dell’anno).

In queste sabbie mobili entra a gamba tesa Elizabeth, sguazzandoci come un paperotto, poiché quanto ad ambiguità morale non è seconda a nessuno, e si propone da subito come un doppio di Gracie, complice anche la somiglianza fisica fra le due attrici che interpretano i ruoli delle due donne, Julianne Moore e Natalie Portman. Il loro gioco è quello del gatto e del topo ma anche quello della reciproca seduzione, e in questa tensione erotica non potrà non inserirsi anche Joe.

Moore è magistrale nel dare al pubblico tanti piccoli indizi della distorsione percettiva di Gracie, da una “zeppola” infantile che va e viene a una gestualità nervosa che rivela una compulsione al controllo (soprattutto di sé): ma Moore e Haynes sono molto attenti a non fare di lei un mostro, schierandosi dalla parte di quel comune sentire che vorrebbe etichettarla come tale.

Per la terza volta dopo Safe e Lontano dal paradiso Moore si conferma musa ideale per Haynes, pronta a incarnare le fragilità e contraddizioni dell’animo umano, e impavida nel sottolinearne anche la sgradevolezza.


Natalie Portman dal canto suo è abilissima nel rivelare gradualmente il cinismo e l’ambizione di un’attrice abituata a vampirizzare le vite degli altri per trasformarle in successi della sua carriera. La sua Elizabeth interroga tutti coloro che sono stati testimoni dello scandalo – l’ex marito tradito, il figlio rancoroso, l’avvocato che ha difeso a suo tempo Gracie – cercando non di capire ma di carpire, apparentemente rispettosa di tutti e in realtà attratta dal lato sordido della vicenda, che è per lei supremamente eccitante (sotto tutti i punti di vista). Il diniego è la cifra dominante: quello di Gracie rispetto al suo passato, quello di Joe rispetto al rapporto di sudditanza che ha con sua moglie. Haynes mantiene il suo classico registro in equilibrio esatto fra eleganza e trash, e non manca di inserire elementi di humour (nero) che sottolineano anche l’aspetto grottesco della vicenda.

Nessuno è senza peccato in May December, nessuno può sottrarsi alla lente di ingrandimento di Haynes, che con mano gentile ma sicura scandaglia le pieghe più nascoste della psiche di uomini e donne e le dinamiche più perverse della società occidentale, pronta a puntare il dito e ad ostracizzare le differenze, ma soprattutto ad impedire alle persone di essere se stesse fino in fondo.

Il gioco di specchi fra Gracie ed Elizabeth non fa che rifrangere all’infinito la visione caleidoscopica di un autore che, più che distinguere rigidamente il lecito dall’illecito, ne mostra tutte le sfumature etiche (ed estetiche), e per cui la verità non è mai una sola, e non è mai rassicurante.


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