“Io, per la verità, non seguivo tantissimo il tennis prima dell’arrivo di Jannik Sinner, ma certo, ora sono orgoglioso che un altoatesino sia addirittura il numero uno al mondo, è una cosa fantastica per il nostro Paese e non vi è dubbio che risultati come questi non possono che ispirare tutti noi atleti”.
La chiacchierata con Max Pircher, fresco sposo (con Katie Kenski) e appena approdato alla sua terza squadra in quattro anni – i Seattle Seahawks, dopo i Los Angeles Rams e i Detroit Lions – senza però mai riuscire ancora a debuttare in un match di campionato della Nfl, non può non toccare la magnifica stagione di un suo “compaesano”, anche se in uno sport dove il contatto tra i giocatori è consentito soltanto alla stretta di mano. Passaggio obbligato prima di farsi raccontare come Max affronta la nuova avventura.
Allora, Max Pircher atto quarto, sarà quello giusto per trovare un posto al sole nell’iper competitivo mondo della Nfl?
“Lo spero, lo spero davvero. Da parte mia darò il 110 per cento perché accada. E non lo dico per dire. Io se non do il massimo sto male. Veramente. Il massimo per me e il massimo per aiutare la squadra”.
I Seattle Seahawks all’anno zero dopo il glorioso periodo di coach Carroll, con quali aspettative?
“Alte. Nel team c’è una voglia matta di fare bene, il nuovo coaching staff ha energia, qualità e leadership. Si respira una contagiosa atmosfera positiva. Ogni giocatore ci crede…”.
Entrato con il programma speciale internazionale, in queste stagioni c’è stata l’opportunità di allenarsi con autentici fenomeni, di migliorarsi, imparare tecniche e aumentare la fisicità, ma è mancata la chance di andare in campo in una gara della stagione regolare…
“Vorrei chiarire che, a parte l’opportunità che ho avuto, qualsiasi squadra in qualsiasi momento avrebbe potuto tranquillamente tagliarmi, come si dice in gergo, e questo non è avvenuto…Inoltre è arrivata la chiamata di Seattle che mi rende felice e orgoglioso. In questi tre anni credo di avere imparato molto e mi sento pronto a debuttare. Ovviamente non dipende solo da me, quello che dico, un po’ il mio mantra, è che faccio e farò di tutto per aiutare sempre la mia squadra. Ma certo, spero di fare il grande salto naturalmente”.
Ai Seattle è cambiato molto, come abbiamo detto il coaching staff in primis, si è chiusa la gloriosa era Carroll, che aria si respira negli spogliatoi?
“Tutti puntano al massimo, a essere la sorpresa della nuova stagione, al Super Bowl. Ma è sempre così, è successo ai Rams e ai Lions. Non c’è team che parta battuto e non senta dentro di sè di avere le risorse per vincere. In questo devo dire che le squadre della Nfl si assomigliano tutte”.
Parliamo del nuovo coach.
“Mike Macdonald ha conquistato subito tutti. E’ coinvolgente e ha entusiasmo. Lo seguiamo come un sol uomo. I suoi meeting, a parte il lavoro in campo, sono interessanti e costruttivi”.
E il coach della offensive line?
“Scott Huff è al suo primo anno in Nfl ma la sa lunga essendo stato in questo ruolo per sette anni di fila ai Washington Huskies. Io mi trovo perfettamente”.
Già conosciuto le stelle del team?
“Ragazzi fantastici. Geno, Geno Smith, è molto simpatico. Ha portato la o-line in Messico, tante volte andiamo a cena assieme con i compagni. E’ un quarterback preparatissimo ed un uomo squadra. Ho conosciuto anche gli altri alla facility, da Metcalf a Lockett, c’è uno spirito comune: puntare alla vittoria”.