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Ok, parliamone. Perché Russell Crowe è pazzo dell’Italia?

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Russell Crowe ha un rapporto speciale con l’Italia. Recentemente ha addirittura scoperto di essere “italiano”, cioè di avere un antenato che, dalle Marche, si è imbarcato per un viaggio che lo ha portato in Nuova Zelanda dopo varie peripezie.

Questa storia di emigrazione, comune ai progenitori di molti di noi, ha portato l’attore del Gladiatore a una conclusione non scontata e in effetti opinabile: quella di essere un nostro connazionale. Dal palco di Ascoli Piceno, dove si è esibito di recente insieme alla band The Gentlemen Barbers, ha urlato: “Stasera io sono ascolano!”.

I tour musicali di Russell Crowe, Sanremo, la S.S. Lazio

Non si è trattato di una sortita isolata. Ecco alcune tappe, in ordine sparso, che hanno scandito il rapporto assai stretto di Russell Crowe con il nostro Paese:

  • un tour musicale nel 2023.
  • un tour musicale nel 2024.
  • la recente proiezione di un suo concerto su un maxischermo al Colosseo.
  • la nomina ad ambasciatore di Roma nel mondo da parte del sindaco Roberto Gualtieri, nel 2022.
  • un esorcismo a Tropea, in Calabria (nei panni di Padre Gabriele Amorth, nel film L’Esorcista del Papa).
  • un numero imprecisato di fotografie postate su X e prima ancora su Twitter con questa didascalia (tradotta): “Dove mi trovo adesso?” La risposta, di solito, è da qualche parte in Italia.
  • l’esecuzione live di Sarà perché ti amo, brano dei Ricchi e Poveri.
  • una canzone che gli è stata dedicata dal rapper Salmo, dal titolo Russell Crowe. Il ritornello fa: “Dio mi parla nel sonno dice ‘dividi le masse’ / Conquista la folla come Russel Crowe”.
  • il gesto della papera sul palco di Sanremo, dopo l’ospitata di John Travolta, sfortunato protagonista di una gag sul ballo del qua qua.
  • la decisione di diventare tifoso della S.S. Lazio, nonostante le foto di questo articolo.
  • e quella di interpretare Berlusconi in un biopic (al momento soltanto una messa a disposizione).
  • questo:
pinterest

Elisabetta A. Villa//Getty Images

Sicuramente abbiamo dimenticato qualcosa, ma i fatti qui sopra sono abbastanza per suscitare la domanda: perché Russell Crowe ha scelto proprio l’Italia come patria adottiva?

Russell Crowe, perché ama così tanto l’Italia?

Naturalmente ci sono molte ragioni per amare il Paese di Dante e allo stesso tempo non mancano i motivi per fuggire a gambe levate: le temperature impazzite, la speculazione dei gestori di lidi e ristoranti ai danni dei poveri turisti, il caos indomabile di Roma, etc. etc. Russell però è innamorato pazzo, e, come tutti gli innamorati, potrebbe non avere messo a fuoco i difetti dell’oggetto del desiderio: nel frattempo, ha cercato un collegamento concreto e certificabile con l’Italia, trovandolo in un test del DNA che ha evidenziato origini norvegesi, scozzesi, maori, irlandesi e italiane. Di tutta la trafila (e ne siamo lusingati, Russell), l’attore ha mandato a memoria l’ultima parola.

Per rispondere alla domanda di sopra, non serve andare molto lontano. Possiamo dare per scontato che l’Italia, con la sua bellezza, abbia affascinato l’attore, un po’ come è successo con tante altre persone, famose e non, in tutto il mondo.

Per il resto, Crowe ha rilasciato molte interviste ai giornali italiani, alcune a piccole testate regionali o locali – e questo la dice lunga su quanto, come si dice, “cammini tra noi”, a portata di chiunque sia abbastanza deciso a incontrarlo. Durante una conferenza stampa, ad esempio, ha detto, senza troppi giri di parole: “Il mio rapporto con Roma è legato al Gladiatore non al 100%, ma al 1000%. Ovviamente ho fatto altre cose dopo, ma l’accoglienza degli italiani, il calore, la famigliarità che ricevo qui grazie a quel film è fantastica. Mi considerate come un vostro zio, è un legame che trascende la fama e la notorietà: è un riconoscimento alle mie qualità artistiche. Riconoscimento che non ricevo in Nuova Zelanda” (riportiamo le sue parole dal sito Il cinematografo). Insomma, sembra di capire che si tratti di una questione, almeno in una certa misura, personale, che ha, come punto di partenza, un film effettivamente molto amato qui da noi e di cui si continua a parlare.

russell crowe italiapinterest

Daniele Venturelli//Getty Images

Russell Crowe come potenza creatrice: una teoria

Per chiudere il discorso, vorremmo concederci una considerazione: sulla sintonia di base descritta sopra, ci sembra che si innesti la capacità di Crowe di essere una presenza impossibile da ignorare.

Lo è al cinema, ad esempio nell’Esorcista del Papa, un film deboluccio che spicca grazie al carismatico Padre Amorth nella versione di Crowe. Lo è su X, dove proprio non si riescono a scansare i suoi post, piaciuti e ritwittati al punto di invadere i feed degli account di mezza Italia. Periodicamente, l’attore si affaccia nella lista delle ricerche più di tendenza su Google, mentre il sindaco Gualtieri sembra essersi inventato una carica per incontrare personalmente Crowe (o, se la carica di ambasciatore di Roma nel mondo esisteva anche prima, allora è una delle pochissime cose sulle quali è molto difficile trovare informazioni su internet).

russell crowe italiapinterest

Franco Origlia//Getty Images

L’impressione insomma è che Russell Crowe riesca a piegare la realtà, grazie a un mix di statura e forza di volontà. Ancora: è riuscito a diventare italiano perché così aveva deciso e ha fatto scordare ai romani che le riprese del Gladiatore si sono svolte in Inghilterra, Malta, Marocco e Toscana, ma mai nella Capitale. Ha indirettamente creato una carica di ambasciatore che adesso detiene ed esercita, mentre in passato ha espresso il desiderio di esibirsi al Colosseo. Ora, non sappiamo se l’anfiteatro è accessibile per un evento successivo alle battaglie navali dei libri di scuola, ma non scommetteremmo mai contro la capacità dell’attore di provocare scenari impensabili.

Universal Pictures Il Gladiatore (15th Anniversary SE)

Il Gladiatore (15th Anniversary SE)

Headshot of Giuseppe Giordano

Guardo film e gioco a videogiochi, da un certo punto della vita in poi ho iniziato anche a scriverne. Mi affascinano gli angolini sperduti di internet, la grafica dei primi videogiochi in 3D e le immagini che ricadono sotto l’ombrello per nulla definito della dicitura aesthetic, rispetto alle quali porto avanti un’attività di catalogazione compulsiva che ha come punto d’arrivo alcuni profili Instagram. La serie TV con l’estetica migliore (e quella migliore in assoluto) è comunque X-Files, che non ho mai finito per non concepire il pensiero “non esistono altre puntate di X-Files da vedere per il resto della mia vita”. Stessa cosa con Evangelion (il manga).  

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