Cinque medaglie d’oro, cinque! Sono ormai passati tre anni da quella combinazione astrale sportiva giapponese che, tutti pensiamo, non tornerà più. Quel che certifica l’unicità dell’Olimpiade di Tokyo è la dimensione, la quantità di medaglie vinte, e tutte d’oro dall’atletica italiana.
Per mettere insieme cinque vittorie azzurre, non basta sommare gli ori vinti tra Rio 2016 e Seoul 1988. Solo Los Angeles 1984, però boicottata dai paesi dell’Est Europa, fu più ricca con 7 medaglie totali e 3 ori. Se i Giochi di Tokyo 2020 sono stati il punto più alto dell’atletica italiana, alle loro spalle c’è una lunga storia di medaglie che merita di essere conosciuta. Storie di grandi uomini e grandi donne che rischiano di scomparire, immeritatamente, sotto le luci abbaglianti della modernità e del clamore dei successi più recenti.
1 Medaglie “dimenticate” vinte dall’Italia – Giuseppina Leone
Dopo Marcell Jacobs, l’atletica italiana sogna di avere anche una donna nella finale dei 100 metri: la primatista nazionale Zaynab Dosso. Che bello, sarebbe la prima volta anche al femminile. Errore! L’Italia non solo ha già avuto una finalista, ma anche vinto una medaglia molto prima di Jacobs.
Stiamo parlando di Giuseppina Leone, terza ai Giochi di Roma 1960, nella gara vinta dalla leggendaria Wilma Rudolph. Eccola la torinese, lassù in sesta corsia andarsi a prendere il bronzo con il tempo di 11”4. Giusi compirà 90 anni il prossimo 21 dicembre: cerchiamo di non dimenticarci anche del suo compleanno.
2 Medaglie “dimenticate” vinte dall’Italia – La marcia miniera di metalli azzurri
Le prime due gare del programma dell’atletica, al via nelle ore mattutine di giovedì 1 agosto, saranno la 20 km di marcia, prima quella maschile e poi quella femminile. Riusciranno i nostri eroi di Tokyo, Massimo Stano e Antonella Palmisano, a tornare sul podio dopo gli ori conquistati sulle strade di Sapporo? Sarebbe la prima volta.
Errore! La marcia italiana, vera miniera di metalli olimpici (19), ha un buon numero di plurimedagliati. Il più recente è stato Maurizio Damilano, un oro e due bronzi nella 20 km tra Mosca ’80 e Seoul ’88.
Più indietro, a cavallo tra le due guerre mondiali, c’è chi fu più grande ancora. Parliamo del milanese Ugo Frigerio, uomo del secolo scorso che però viene ancora ostinatamente ricordato con un trofeo che porta il suo nome. Quando la marcia stava ancora cercando la sua strada, quando si svolgeva in pista e su distanze brevi, ecco che il milanese, classe 1901, tipografo alla Gazzetta dello Sport, vince qualcosa come 3 medaglie d’oro e 1 bronzo. Se non è leggenda questa… Frigerio vince ai Giochi di Anversa 1920 i 3000 e i 10000 metri. Distanze inusuali, marciate in pista con batteria e finale. A Parigi 1924, tolti dal programma i 3000, Frigerio vince ancora i 10000 metri. La marcia viene cancellata da Anversa 1928, ma ritorna a Los Angeles 1932 con la sua prima 50 km. Frigerio fa un ultimo, sovrumano sforzo e riesce a conquistare il terzo posto, seguito da 15 giorni di ricovero in ospedale. Quando si dice “dare tutto”. Anche il grandissimo Abdon Pamich salì due volte sul podio: fu prima bronzo a Roma ’60, poi oro a Tokyo 1964.
3 Medaglie “dimenticate” vinte dall’Italia – Peso e disco femminili
Tornando alle donne, Sara Fantini nutre chance e speranze di medaglia nel lancio del martello. Sarebbe un’impresa storica, una donna finalmente sul podio di un lancio. Errore! Ai Giochi di Londra 1948, forse l’olimpiade più “campale” di sempre, in una città ancora piegata dai bombardamenti della guerra; in questo scenario da nuovo mondo, ben due donne italiane vanno a medaglia nei lanci.
La torinese Edera Cordiale è seconda nel lancio del disco con 41,17; l’alessandrina Amelia Piccinini è seconda nel getto del peso con 13,09, nelle prima gara olimpica di questa specialità.
4 Medaglie “dimenticate” vinte dall’Italia – Nino Beccali e il record olimpico
I 1500 metri uomini, con la sfida tutti-contro-Ingebrigtsen, sarà una delle gare più appassionanti in assoluto. Riuscirà il nostro primatista italiano Pietro Arese a essere lì, nel gruppo, a giocarsi qualcosa di importante? Sarebbe straordinario. Eppure lo straordinario è già successo, basta andare indietro nel 1932, ai Giochi di Los Angeles.
Il milanese Luigi Beccali, che tutti dicevan Nino, nella finale a 12 dei 1500 metri scatta negli ultimi 300 metri e supera uno a uno tutti gli avversari chiudendo in 3’51”2, nuovo record olimpico. Quanto sarebbe bello aggiornare quelle immagini in bianco e nero.
5 Medaglie “dimenticate” vinte dall’Italia – Maratoneti del secolo scorso
Anche nell’ultima gara del programma, la maratona, sarebbe bello aggiornare le immagini delle cavalcate finali di Stefano Baldini e Gelindo Bordin, magari con le sembianze di Yeman Crippa. In alternativa, potrebbe andare bene anche aggiornare le immagini di Romeo Bertini e Valerio Arri. Chi sono?
Romeo Bertini, milanese di Gessate, fu secondo nella maratona di Parigi del 1924 (2h47’19”), proprio 100 anni fa. Un’altra coincidenza incredibile riguarda il numero di pettorale. Bertini tagliò il traguardo con indosso il 579, lo stesso numero che portava Gelindo Bordin sul traguardo di Seoul.
Alla peggio, prendiamo in prestito la figura di Valerio Arri, astigiano di Portacomaro classe 1892, che nel 1920 ad Anversa fu terzo (2h36’32”) dopo una entusiasmante rimonta finale.