A Panorama: «è un ragazzo perbene, educato ed equilibrato, anche fuori dal campo. Ai miei tempi con 1 metri e 85 ero alto, oggi sarei un tappetto»
Portrait of Italian former tennis player and director of Italian Open, Adriano Panatta 21 May 2000 at the Foro Olympico Stadium in Rome. (ELECTRONIC IMAGE) (Photo by GABRIEL BOUYS / AFP)
Panorama intervista Adriano Panatta che ha parlato di quanto l’emulazione sia importante nello sport e del fatto che con Sinner ora molti ragazzi giocano a tennis:
«In più oggi è tutto amplificato, iperconnesso, con notizie e video h24. Ai miei tempi c’erano due canali, di cui uno in bianco e nero. Oggi i giovani sono informati, ma solo su ciò che riguarda la loro generazione. Sinner non ha stimolato soltanto i ragazzi, ma anche gli adulti a prendere in mano la racchetta. Quando Alberto Tomba sciava, tutti sciavano. Ed erano contenti gli ortopedici»
Sinner sta facendo felici gli italiani. Bertolucci ha detto: «Per fortuna questa volta la cicogna ha attraversato le Alpi»
«È fortissimo e in più è amato da tutti. Perché è un ragazzo perbene, educato ed equilibrato, anche fuori dal campo. Non sbaglia mai una dichiarazione, non ha mai un gesto di stizza, rispetta gli avversari: sembra quasi finto. Oggi si parla di Sinner per qualsiasi cosa faccia: se apre l’ombrello alla raccattapalle, se gioca a calcetto con un bambino. Fa tutto bene».
Avrà pure qualche difetto
«Tutti ce li hanno, ma i fuoriclasse sanno anche nasconderli molto bene. Lui fatica ancora sulla terra, perché lì si gioca un altro sport. Però prima o pi vicinerà anche a Parigi e Roma»
Disse che il tennis è musica. Che significa?
«Il tennis è musica perché è armonia. Noi eravamo pop, oggi siamo all’heavy Metal. Adesso è uno sport esasperato, quasi violento, molto fisico. Ai miei tempi ero considerato alto, 1 e 85. Oggi in mezzo ai marcantoni sarei un tappetto»
Ai tempi d’oro il numero uno era Bjorn Borg e lei lo batteva spesso. Come mai?
«Lui aveva grande testa, grande continuità e fisicità, ma il suo gioco non mi dava fastidio. Non riusciva a farmi male tirando da lontano e io lo mettevo in difficoltà cambiando il ritmo, giocavo ogni palla in modo diverso. Dovevo spolverare le righe perché sennò le prendeva tute. Allora erano in tanti a giocare come lui, Guillermo Vilas, Harold Solomon. Li mettevo in crisi. Eravamo romantici e anche molto giurassici»