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“Pseudo-gioco d’azzardo” in videogiochi per bambini

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Davide Gaido, Head Of Technology at Good On You, è uno sviluppatore di videogiochi, ed ha un figlio di cinque anni. 
“A mio figlio è proibito giocare col telefono. Lo faccio giocare con dei videogiochi veri, come il Nintendo, la Playstation o il PC, per esempio”, ha affermato Gaido in un’intervista con SBS Italian. 
“Come genitore questa cosa di loot box e pseudo-gambling nei videogiochi mi preoccupa molto”, ha affermato Gaido, aggiungendo che lui seleziona attentamente uno a uno i videogiochi per suo figlio. 

  • La Coalizione ha annunciato che se rieletta cambierà la classificazione per giochi che contengono loot box
  • Secondo alcuni esperti bisognerebbe rifare completamente lo schema di classificazione dei videogiochi
  • Secondo altri, più che introdurre nuove regole, servirebbe educare i genitori a guidare meglio i figli online

Ci sono vari modi in cui molti videogiochi incoraggiano l’utente a spendere man mano che giocano. 
I giochi con elementi simili al gioco d’azzardo possono “normalizzare” il gioco d’azzardo per i giovani, spiega 

“Io ho dei problemi con dei giochi che stimolano i bambini a comprare cose e a fare cose che sostanzialmente sono gioco d’azzardo”.

Se tu hai dei giochi coi pony o i cuoricini che poi portano i bambini a dei pattern psicologici fondamentalmente di dipendenza per vendergli roba, questo mi fa arrabbiare.

“Io non ho niente in contrario al fatto che mio figlio giochi ai videogiochi, cosa che fa regolarmente,” ha dichiarato Gaido.
“Ma io intendo il videogioco come il videogioco con cui sono cresciuto, cioè quello che compri e ci giochi senza avere pressioni o meccanismi che ti invogliano a spendere ulteriori soldi”.
Questi tipi di meccanismi non sono limitati a cellulari; sono praticamente presenti su qualunque piattaforma.
“La direzione in cui purtroppo si sta andando molto spesso adesso, soprattutto qui col mobile gaming ma anche con i videogiochi cosiddetti free to play, è di invogliare una grande base di giocatori a installare l’applicazione del videogioco e poi monetizzare cercando di vendere quelli che possono essere oggetti cosmetici, potenziamenti, tutti meccanismi strategizzati per fare in modo che l’utente spenda il maggior numero di soldi possibile, che è una cosa ancora più inquietante per un bambino che non ha nemmeno i mezzi per capire quello che sia giusto o sbagliato spendere,” ha spiegato Gaido. 

Source: Getty Images/MesquitaFMS

L’uso di “dark patterns”

Questi sistemi sono sviluppati con l’aiuto di psicologi, spiega Gaido. 

“Tutto questo fa parte di un discorso più largo dei famosi dark patterns, che usano anche i social media, che sono dei sistemi sviluppati, tra l’altro con psicologi che in qualche modo manipolano l’utente a comportarsi nella maniera in cui lo sviluppatore vuole che si comporti, che poi alla fine della fiera è sempre rivolto a ottenere soldi — perché ricordiamoci sempre che non è che c’è della malvagità a monte di tutte queste cose, ma solamente la ricerca del profitto”, ha spiegato Gaido.

Il discorso è: ‘Come posso far spendere il maggior numero possibile di soldi ai miei utenti? Troviamo il modo’.

“E il modo che si è rivelato più funzionale è quello di creare un sistema casuale di premi e funziona”, ha affermato Gaido.

Che cosa sono i “loot box”

loot box sono un meccanismo attraverso il quale si paga e si ottiene tutta una serie di vantaggi presunti o reali del videogioco, ha spiegato Fabio Zambetta, Associate Dean, Artificial Intelligence at RMIT University.

I loot box sono contenuti per il videogioco, però sono semi-random — è praticamente gioco d’azzardo in un’altra modalità.

“Il concetto è effettivamente molto simile a un discorso di gioco d’azzardo, perché c’è l’elemento probabilistico di che cosa ci sia lì dentro. È un po’ come giocare a poker; prendi una carta e non sai che ti salterà fuori”, ha affermato Zambetta. 
Gaido ha paragonato i loot box ai pacchetti di figurine che i bambini compravano in Italia in edicola qualche decennio fa. 
“Tu vuoi per esempio un certo calciatore, invece di acquistarlo direttamente puoi ottenerlo attraverso questi pacchetti casuali da cui deve uscire il calciatore che tu vuoi”. 
Secondo Gaido “il gioco d’azzardo mascherato da gioco normale dovrebbe venire legislato”.

“Il problema è che non è regolamentato perché non viene considerato gioco d’azzardo,” ha aggiunto.

L’annuncio della Coalizione e la reazione del Partito Laburista

Il 27 aprile la Coalizione ha annunciato che, se rieletta, cambierebbe il codice di classificazione per i videogiochi con loot box
L’annuncio è arrivato due anni dopo che il governo federale ha commissionato un’indagine sul settore.
Il ministro delle comunicazioni, Paul Fletcher, ha affermato che, se rieletta, la Coalizione aggiornerà il sistema di classificazione australiano che, se si esclude l’introduzione dei rating R per i videogiochi nel 2013, non viene  aggiornato dall’era delle videocassette.
Il ministro ha affermato che le modifiche includeranno una classificazione più rigorosa dei videogiochi che simulano il gioco d’azzardo, incluso l’uso di loot boxes. 
Il Partito Laburista ha criticato i tempi dell’annuncio pre-elettorale della Coalizione.
La ministra Laburista per le comunicazioni, Michelle Rowland, ha dichiarato a The Guardian Australia che l’annuncio dimostra che il governo non ha intenzioni serie di proteggere i consumatori, dal momento che “i risultati della revisione dello schema di classificazione non sono ancora stati rilasciati, due anni dopo”. 

SBS Italian ha chiesto un commento al partito Laburista ma non ha ancora ricevuto risposta.

“Ci andrebbe un nuovo schema di classificazione”

Per Zambetta, l’unica soluzione sarebbe rifare completamente lo schema di classificazione dei contenuti.
“Il sistema di classificazione dei contenuti che usiamo in Australia si riferisce a libri, film, eccetera. Tutta questa roba è assolutamente roba antica paragonata a un videogioco, o anche ai servizi di streaming.” 

Secondo Zambetta, lo schema di classificazione attuale è “molto rozzo e non cattura tutte le cose che sono tipiche di un videogioco, per cui andrebbe esteso ed aggiustato per far presente a tutte le problematiche di una videogioco rispetto a un libro, ad esempio”. 

Sono tecnologie diverse che richiedono uno schema di classificazione diverso, perché i problemi sono diversi.

Ron Curry, CEO di Interactive Games and Entertainment Association (IGEA), ha affermato che nel 2019 è stata intrapresa una revisione dell’attuale sistema di classificazione.
“Ad oggi non abbiamo ancora visto i risultati della revisione, quindi non possiamo dire in un modo o nell’altro se lo schema dovrebbe venire rifatto,” ha dichiarato Curry a SBS Italian. 
“Tuttavia, possiamo dire che il sistema attuale non è più adatto allo scopo o sufficientemente agile per un mercato in rapida evoluzione e le mutevoli aspettative della comunità.

“Il settore rimane pronto per qualsiasi futura consultazione pubblica sull’attualizzazione di un regime di classificazione moderno e mirato”.

Il ruolo dei genitori

Ma non tutti concordano sul fatto che ci sarebbe bisogno di un’ulteriore regolamentazione del settore. 
Stefano Grassia, un italo-australiano residente a Melbourne, ha due figli ed è dell’idea che il ruolo più importante per quanto riguarda monitorare le attività dei figli online lo svolgono i genitori.

stefano grassia

Stefano Grassia con la sua famiglia. Source: Immagine fornita da Stefano Grassia.

“Un maggior controllo è sempre giusto, però io non vorrei che si arrivasse al punto in cui il governo intervenisse troppo, alzando magari il rating per alcuni giochi, perché ci sono gli acquisti in-app o i loot box.”

“Sarebbe un po’ eccessivo, ed è un po’ sempre quella situazione dove mi aspetto che il governo mi protegga e io posso demandare la responsabilità a terze parti, ed io non me ne devo occupare, intendo io genitore. Bisogna trovare una via di mezzo”, ha dichiarato Grassia. 
Secondo lui, monitorare da vicino che cosa fanno i figli può anche essere un modo per avvicinarsi a loro.
C’era un periodo in cui sua figlia gli chiedeva spesso di fare acquisti in-app, e Grassia ha usato questi momenti come un’opportunità per insegnarle a spendere meglio i soldi. 
E l’aveva guidata così: “Che cosa vuoi comprare…? Non ha senso comprare questa cosa… Magari facciamo il mese prossimo? Oppure prova a guadagnare dei gettoni che poi puoi usare”. 
Il sito internet dell'”eSafety Commissioner” ha pubblicato  ad assistere i figli che giocano online. 

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