L’ex ct prova sulla Gazzetta a fare una mezza marcia indietro, in realtà se la prende con gli altri: «si pensa che io non sia stato riconoscente a Baggio»
Former head coach of the Italian national football team and twice manager of AC Milan, Arrigo Sacchi poses in front of reproductions of the then European Cup trophies he won with AC Milan in 1989 and 1990, on September 8, 2021 at the San Rocco Municipal Museum in Fusignano, at the exhibition “Oltre il Sogno, L’emozione del calcio totale di Arrigo Sacchi” (Beyond the Dream, The emotion of Arrigo Sacchi’s total football) dedicated to Sacchi. – For Arrigo Sacchi, coach of the great AC Milan, winner of two European Cups in 1989 and 1990, Italian clubs will only return to the top in European cups if they produce a “football of domination”, following in the footsteps of Roberto Mancini’s national team. (Photo by Anthony LUCAS / AFP)
Sacchi torna sul rigore di Baggio: «Le mie parole travisate, l’Italia è un Paese di campanili». L’ex ct torna sull’argomento dopo le polemiche che ha sollevato con l’articolo di due giorni fa sulla Gazzetta in cui ha scritto che la differenza tra la sua Italia e quella di Lippi è che Grosso ha segnato il rigore e Baggio no. Molte le critiche (sacrosante), Aldo Serena uno dei pochissimi se non l’unico nel mondo del calcio a esporsi in difesa di Roby e contro l’Arrigo.
Oggi Sacchi scrive un articolo in cui prova a fare una mezza marcia indietro, in realtà dà la colpa agli altri.
Le nuove parole di Sacchi
Dopo l’articolo che ho scritto sulla Gazzetta di mercoledì , nel quale ricordavo il Mondiale del 1994 e la sconfitta della mia Italia ai calci di rigore contro il Brasile, ho constatato con stupore di aver sollevato qualche polemica. In particolare, il passaggio finale dove dico: «La differenza tra la mia Italia del 1994 e l’Italia di Lippi del 2006 che ha vinto il titolo è in un rigore: Roberto Baggio lo sbaglia, Fabio Grosso lo segna». Qualcuno, secondo me erroneamente, ha voluto interpretare le mie parole come un atto di accusa a Baggio e una mancanza di gratitudine nei suoi confronti. Lungi da me, questa intenzione. Io sarò sempre riconoscente ai miei giocatori che mi hanno permesso di arrivare fino a quel traguardo, e quel traguardo, quel secondo posto, continuerò a rivendicarlo con orgoglio perché fu il risultato di un percorso straordinario e faticosissimo, compiuto in salita e con mille avversari che ci remavano contro. Molto più semplicemente, con quella frase, intendevo sottolineare che un rigore, anzi tre perché noi con il Brasile ne sbagliammo tre (oltre a Roberto Baggio, anche Baresi e Massaro), non può far pendere la bilancia da una parte o dall’altra, non può essere decisivo nel giudizio complessivo di un’esperienza. Tutto qui.
In Italia, che è un Paese di campanili dove si bada sempre all’interesse singolo e mai a quello collettivo, piovono critiche a trent’anni di distanza e addirittura si pensa che io non sia stato riconoscente a Baggio.