L’alto e il basso, il segaligno e il flaccido, oppure il servo furbo e quello sciocco, il vecchio avaro e il giovane innamorato sono caratteri archetipici basici che i commediografi sfruttano da sempre, dai tempi di Aristofane a Plauto, passando per Shakespeare e Goldoni. A guardare oggi in campo Sara detta “Sarita” Errani e Andrea “Wave” Vavassori – ma anche, nell’altra metà campo, Taylor “Tee” Townsend e Donald “Dy” Young – mi viene da notare quanto siano diversi e, proprio per questo, funzionino bene, si compensino e ci divertano.
Come i personaggi antitetici delle commedie di millenni fa così come dei nostri giorni, i due italiani finalisti nel torneo di doppio misto degli Us Open sono sinergici, alzano e piazzano palle come fossero battute di un testo, si scambiano i ruoli di protagonista e di spalla, con Errani formidabile da ogni punto del campo e – incredibile! – al servizio e Vavassori micidiale sotto rete e alla risposta. I 163 centimetri della romagnola e 193 del pinerolese mettono forse un po’ in confusione i due esperti mancini americani, 80 chili lei, 79 lui, che tuttavia riescono a lungo a contenere l’evidente migliore efficienza degli avversari.
Sarita e Wave hanno più occasioni di prendere il largo ma devono sempre tenere alta la guardia per riuscire a prevalere nel primo parziale al tie break (dominato, 7-0), nel secondo grazie al break ottenuto all’ultimo tuffo, nel dodicesimo game (7-5). Parlando dopo la premiazione davanti al pubblico plaudente dell’Arthur Ashe Stadium, Andrea ha parole di affetto e rispetto per Sara, “che è una fonte di ispirazione per tutti noi del movimento tennistico italiano”. Errani dimostra che a 37 anni si può tornare ai vertici del tennis dopo essere stata – oltre due lustri fa – top 10 in singolare, aver raggiunto una finale al Roland Garros da sola e vinto cinque slam e tre Fed Cup al fianco di Roberta Vinci. Quest’anno con Jasmine ha vinto gli Internazionali, disputato la finale a Parigi, vinto l’oro alle Olimpiadi e ora, con Wave, conquistato New York: appunto, un esempio, addirittura un’icona. Con lei gioisce il movimento tennistico italiano. Nei dodici mesi più ricchi di successi di sempre – dal trionfo in Coppa Davis alle Olimpiadi, dai risultati di Sinner e Paolini negli slam alle vittorie a ripetizione a tutti i livelli ATP – faceva gola la piccola ciliegia di un titolo mai nemmeno sfiorato come quello del misto. È arrivata, la ciliegia, perché Errani è una motivatrice che ha la grinta che manca spesso alle ventenni e Vavassori è uno tosto e positivo che a 29 anni trova piena soddisfazione nella specialità, il doppio, di cui è adesso il numero 7 al mondo.
Nelle due semifinali del torneo di singolare femminile passano il turno la favoritissima Aryna Sabalenka e l’inattesa, almeno alla vigilia dello slam, Jessica Pegula. La bielorussa, 26 anni, fatica il giusto, 6-3 7-6, contro l’americana Emma Navarro, 23, che conferma quanto di buono ha fatto vedere nella stagione. La numero 2 WTA ha un black out nella fase finale del secondo set, correndo qualche rischio prima del tie break (7-2) nel quale non si fa distrarre dall’avversaria né dal pubblico che sostiene a gran voce la beniamina locale. “Bene, ragazzi, adesso fate il tifo per me”, dirà ridendo durante l’intervista in campo, aggiungendo con una punta polemica che “beh, forse è un po’ troppo tardi”. Sabato, se possibile, il pubblico le sarà ancora più ostile.
Jessica Pegula torna a casa stasera – a New York la sua famiglia ha più proprietà e lei gestisce da lì le attività extra sportive nel settore cosmetico – con la doppia soddisfazione di poter provare a 30 anni a prendersi per la prima volta uno slam e di avere, intanto, raggiunto la terza posizione nella classifica mondiale, suo best ranking. Oggi cede malamente il primo set, che Karolina Muchova domina, ma poi mette pressione all’avversaria, pareggia i conti e, approfittando dell’evidente difficoltà della ceca nel terzo parziale, va a prendersi il pass per la finale. Finisce 1-6 6-4 6-2. Papà Terrence, popolare padrone dei Buffalo Bills, NFL, e dei Buffalo Sabres, NHL, la guarda dall’angolo del team, più emozionato di quando le sue squadre mettono a segno una prestazione eccezionale su qualche campo di football americano o di hockey.