Il governo interviene sulla crisi della moda italiana con una serie di provvedimenti illustrati oggi, 6 agosto, durante il Tavolo sulla moda convocato dal ministro Adolfo Urso al Mimit-Ministero delle imprese e del Made in Italy. «Abbiamo riunito per la quinta volta il Tavolo della moda con la partecipazione di tutti i soggetti, le imprese, la filiera, le regioni e i ministeri interessati per fornire soluzioni alle principali richieste da parte del settore», ha spiegato lo stesso Urso.
Il ministro è poi entrato nel dettaglio. «Innanzitutto per assicurare la rimodulazione dei prestiti bancari da parte delle banche, di Sace, Simest e Medio credito, così da dare respiro alle imprese. Una sorta di moratoria per affrontare meglio questa fase contingente di crisi. Abbiamo inoltre informato sulla possibilità di usare a pieno le risorse per gli ammortizzatori sociali, la cassa integrazione per le imprese con più di 15 addetti e il fondo gestito dalle associazioni artigianali per quelle al di sotto. Le risorse ci sono e possono essere impiegate per superare questa fase di crisi ed evitare un impatto occupazionale».
Urso ha poi aggiunto: «Abbiamo inoltre predisposto assieme al Ministero degli esteri un intervento da parte dell’Ice per la promozione estera della moda più confacente alle esigenze attuali. Inoltre, abbiamo annunciato una misura di saldo e stralcio per l’annosa vertenza sui crediti fiscali per la ricerca e lo sviluppo. Mi sono confrontato con il ministro Giancarlo Giorgetti e riteniamo di realizzare una norma entro il prossimo 30 ottobre, che consenta lo stralcio e la sanatoria di questa condizione».
Lo stesso ha poi concluso: «Siamo convinti che con queste e altre misure eventualmente necessarie potremmo consentire al comparto di riprendere a crescere quando i mercati internazionali torneranno a livelli che auspichiamo saranno raggiunti nei prossimi mesi. In ogni caso sottolineo come siano oltre 800 mila gli occupati in più in 20 mesi di governo raggiungendo un record storico. Di questi, 66 mila sono nell’industria manifatturiera». Durante la riunione si è parlato anche di ecodesign e della realizzazione dei decreti attuativi previsti nelle norme del tessile, abbigliamento e calzature della legge quadro sul Made in Italy, che sono alla concertazione con gli altri ministeri.
La situazione congiunturale del fashion preoccupa da vicino la Toscana, tra le prime regioni a muoversi con tavoli di crisi sul settore. Nello specifico, per volere del presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, sono stati aperti due tavoli, uno specifico su pelletteria e comprensorio del cuoio partendo dalle difficoltà riscontrate nel distretto e uno più generale che abbraccia il settore tessuti e filati e che interessa l’area della piana fiorentina e quella pratese.
Del resto, emerge come particolarmente complicata la situazione del comparto del cuoio. Secondo il rapporto di Unic-Unione nazionale industria conciaria, nel 2023 quello toscano contava circa 6 mila addetti (-0,3%) per 500 imprese (-0,6%) e una produzione di oltre 1,2 miliardi di euro (-6,8%), su un totale nazionale di oltre 17.800 addetti, un valore della produzione di 4,3 miliardi (-6,5% sul 2022) e l’export a 2,9 miliardi (-7,2%).
Come aveva spiegato a MFF nelle scorse settimane Ezio Castellani, presidente Assoconciatori di Santa Croce sull’Arno (Pisa): «Ci auguriamo che l’interesse manifestato dalle istituzioni all’interno dei tavoli di confronto si traduca quanto prima in strumenti concreti a supporto dell’intera filiera della moda toscana che proprio nel conciario trova una delle sue industrie più significative in termini di produzione, indotto e posti di lavoro».
Lo stesso imprenditore ha poi parlato delle prospettive: «Se da un lato resta una fase congiunturale complessa, dall’altro le nostre concerie sono già al lavoro in vista della fiera Lineapelle di settembre. Spiragli di ripresa per l’intera filiera vengono ipotizzati per la fine di quest’anno e i nostri imprenditori, pur in assenza di interventi e strumenti esterni, stanno intanto lavorando al meglio in attesa di un’inversione del complesso quadro congiunturale».
Infine, dopo le ultime indagini in Lombardia sul caporalato, sulla falsa riga di quanto proposto al tavolo sulla legalità nella filiera della moda indetto dalla Prefettura di Milano, Cnmi-Camera nazionale della moda italiana e Altagamma hanno auspicato, attraverso il presidente Carlo Capasa, la creazione di uno specifico protocollo con le istituzioni volto a definire un sistema di certificazione su base nazionale, che garantisca la conformità dei prodotti rispetto alle normative nazionali e comunitarie, migliorando la tracciabilità e il controllo sull’intero ciclo di vita dei beni, nonché le condizioni di lavoro del personale.
«La moda continua a essere un pilastro fondamentale dell’economia italiana e il dialogo tra le istituzioni e l’industria è essenziale per affrontare le difficoltà e promuovere la crescita del settore», ha affermato in una nota ufficiale il presidente di Cnmi e vice presidente di Altagamma, Carlo Capasa, al termine dell’incontro di questo pomeriggio. «Abbiamo urgente bisogno di un patto per il lavoro che migliori i compensi per chi lavora e diminuisca gli oneri per le aziende. Altrimenti si rischia di non stimolare il ricambio generazionale e di spingere la nostra manifattura fuori mercato. Importante poi pensare a un piano industriale a cinque anni, che consenta alla nostra industria di fare una vera programmazione. Come Cnmi daremo, assieme ad Altagamma, un contributo importante alla stesura di un piano entro il 2024». (riproduzione riservata)