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“THE LANCET REGIONAL HEALTH – EUROPE” * DIGITAL INFRASTRUCTURE: «THE ITALIAN HEALTH DATA SYSTEM IS BROKEN (IL SISTEMA DEI DATI SANITARI IN ITALIA È ROTTO)» – Agenzia giornalistica Opinione. Notizie nazionali e dal Trentino Alto Adige

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06.05 – martedì 14 gennaio 2025

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La popolazione italiana è destinata a diminuire di circa l’8% entro il 2050, passando da 59 milioni nel 2022 a 54,4 milioni, a causa dell’invecchiamento della popolazione e del calo della natalità. Entro il 2050, più del 35% degli italiani avrà più di 65 anni, mentre i bambini sotto i 14 anni rappresenteranno solo l’11,7% della popolazione. Senza riforme, questo cambiamento demografico metterà a dura prova i sistemi sanitari e sociali.

Una delle principali debolezze del sistema sanitario in Italia è l’infrastruttura dei dati sanitari frammentata: non esiste un sistema unificato e centralizzato per documentare e condividere le cartelle cliniche elettroniche (EHR), i dati ospedalieri e i registri dei medici di base. La causa principale è l’autonomia regionale estesa, con 20 regioni che operano in modo indipendente e implementano politiche e tecnologie diverse, creando frammentazione normativa e inefficienze. La scarsa interoperabilità tra regioni e ospedali, unitamente alla mancanza di sistemi di caricamento automatico dei dati nelle cliniche private, mina l’efficacia del Fascicolo Sanitario Elettronico—il sistema nazionale delle cartelle cliniche elettroniche progettato per tracciare la storia sanitaria dei pazienti—rendendolo in gran parte inefficace a causa di questi difetti strutturali.

A peggiorare la situazione c’è l’assenza di una politica nazionale per allocare risorse in modo equo tra tutte le regioni o stabilire protocolli standardizzati per la raccolta e il trasferimento dei dati. Molti ospedali e strutture continuano a fare affidamento su sistemi obsoleti e incompatibili, rendendo il trasferimento dei dati dei pazienti e delle immagini diagnostiche manuale e laborioso, anche all’interno della stessa regione o città. L’assenza di standardizzazione impedisce la creazione di registri nazionali, ostacolando la cura efficace e la gestione delle crisi.

Le conseguenze di questo sistema frammentato sono profonde. Durante la pandemia di COVID-19, ha ritardato l’identificazione dei legami tra comorbidità e gravità dell’infezione, aggravando le disparità regionali nella capacità e negli esiti sanitari. Un sistema meglio integrato avrebbe potuto consentire analisi più ampie, intuizioni generalizzabili e supportare una risposta nazionale più efficace e coordinata.

Un sistema frammentato non solo fallisce nei confronti della popolazione italiana, ma impone anche un considerevole onere economico al paese. I pazienti delle regioni meridionali, che solitamente sono più carenti di risorse, si recano negli ospedali del nord, meglio attrezzati, per ricevere cure. Tuttavia, a causa della mancanza di sistemi interoperabili, gli ospedali del nord spesso non riescono ad accedere ai dati dei pazienti, il che porta a ripetere test diagnostici e a ritardi nelle cure. Questa duplicazione aumenta i costi—la mobilità interregionale per l’assistenza sanitaria da sola rappresenta circa 3,3 miliardi di euro all’anno—e mina i risultati per i pazienti.

Il sistema frammentato dei dati sanitari in Italia presenta anche notevoli sfide per la ricerca. Senza una piattaforma centrale, i ricercatori devono fare richiesta ai comitati etici e per la privacy delle singole istituzioni, che possono rifiutare le richieste senza giustificazione scientifica sostanziale. Dal 2009, la percentuale di studi autorizzati sul totale è scesa al 15%, segnando un calo significativo. Inoltre, la raccolta dei dati è spesso manuale e di scarsa qualità, rendendo quasi impossibile condurre studi multicentrici e di alta qualità, ostacolando gravemente la generazione di risultati rilevanti e generalizzabili.

Nel 2022, l’Italia ha speso 1,8 miliardi di euro per la sanità digitale, con un aumento del 7% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, non è chiaro se questi fondi siano stati pienamente utilizzati e come siano stati spesi, in particolare in relazione alle cartelle cliniche elettroniche e all’integrazione dei sistemi sanitari regionali e nazionali, dato che solo il 42% delle cliniche ha riferito di disporre di un sistema attivo di acquisizione dei dati elettronici in tutti i dipartimenti.

Il diffuso scetticismo della popolazione nei confronti del governo esacerba il problema, con oltre 90.000 italiani che si rifiutano di condividere i propri dati sanitari per preoccupazioni relative alla privacy—un sentimento amplificato durante la pandemia di COVID-19. Mentre l’Europa ha abbracciato la cosiddetta base giuridica dell’interesse legittimo, che consente l’uso dei dati sanitari per la ricerca e l’innovazione senza fare affidamento esclusivamente sul consenso individuale, la legislazione restrittiva dell’Italia e la frammentazione regionale ostacolano questi sforzi, non riuscendo a bilanciare i diritti alla privacy con l’interesse pubblico a migliorare l’assistenza sanitaria.

Una riforma recentemente proposta minaccia di aggravare ulteriormente la situazione. La legge sull’autonomia differenziata, se approvata, decentralizzerà ulteriormente la governance sanitaria, approfondendo la frammentazione e le disparità tra le regioni invece di favorire una raccolta e una condivisione dei dati armonizzate.

La armonizzazione legislativa a livello nazionale è essenziale per stabilire una rete unificata di dati sanitari in Italia. Questo approccio supporterà l’interoperabilità dei dati, la telemedicina e la digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, sfruttando iniziative europee come il Data Governance Act, che promuove la condivisione sicura ed etica dei dati, lo European Health Data Space, che mira a consentire l’assistenza sanitaria transfrontaliera e a favorire la ricerca, e l’AI Act, che cerca di regolare l’intelligenza artificiale affidabile e trasparente in sanità.

Non agire in questo senso approfondirà le disuguaglianze, ritarderà i trattamenti e ostacolerà i progressi, mentre dare priorità alla riforma sistemica offre all’Italia l’opportunità di soddisfare le richieste di assistenza sanitaria e garantire cure eque ed efficienti.

 

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(Translation by: Chat Gpt)

The population of Italy is projected to decrease by approximately 8% by 2050, falling from 59 million in 2022 to 54.4 million, due to increased ageing and a declining birth rate. By 2050, more than 35% of Italians will be older than 65 years, while children younger than 14 years will represent only 11.7% of the population. Without reforms, this demographic shift will strain health-care and social systems.

A major weakness of the health-care system in Italy is the fragmented health data infrastructure: there is no unified, centralised system for documenting and sharing electronic health records (EHRs), hospital data, and general practitioner records.
The root cause is extensive regional autonomy, with 20 regions operating independently and implementing differing policies and technologies, creating regulatory fragmentation and inefficiencies. Poor interoperability between regions and hospitals, in addition to the lack of automatic data upload systems in private clinics, undermines the effectiveness of the Fascicolo Sanitario Elettronico—Italy’s national EHR system designed to track patients’ health histories—rendering it largely ineffective due to these structural flaws.

Compounding this is the absence of a national policy to allocate resources equitably to all regions or establish standardised protocols for data collection and transfer. Many hospitals and facilities continue to rely on outdated, incompatible systems, making the transfer of patient records and diagnostic images manual and labour-intensive, even within the same region or city. The absence of standardisation prevents the creation of national registries, hampering effective care, and crisis management.
The consequences of this fragmented system are profound. During the COVID-19 pandemic, it delayed the identification of links between comorbidities and infection severity, exacerbating regional disparities in health-care capacity and outcomes. A better-integrated system could have enabled broader analyses, generalisable insights, and supported a more effective, coordinated national response.

Such a fragmented system not only fails the Italian population but also imposes a considerable economic burden on the country. Patients from southern regions, which are typically more resource limited, travel to better-equipped northern hospitals for treatment. However, due to the lack of interoperable systems, hospitals in the north often cannot access patient records, resulting in repeated diagnostic tests and delayed care. This duplication inflates costs—interregional health-care mobility alone accounts for around €3.3 billion annually—and undermines patient outcomes.

The fragmented health data system in Italy also presents considerable challenges for research. Without a central platform, researchers must apply to the ethics and privacy committees of individual institutions, which can deny requests without substantive scientific justification. Since 2009, the percentage of authorised studies out of the total has fallen to 15%, marking a significant decline. Furthermore, data collection is often manual and of poor quality, making multi-centre, high-quality studies nearly impossible to conduct, severely hindering the generation of impactful, generalisable findings.

In 2022, Italy spent €1.8 billion on digital health care, a 7% increase from the previous year. However, it remains unclear whether these funds have been fully utilised and how they were spent, particularly in relation to EHRs and the integration of regional and national health systems, since only 42% of clinics reported having an active electronic data capturing system in all departments.
Public distrust in the government exacerbates the issue, with over 90,000 Italians refusing to share their health data due to privacy concerns—a sentiment amplified during the COVID-19 pandemic. While Europe has embraced so-called legitimate interest legal basis, allowing health data to be used for research and innovation without relying solely on individual consent, Italy’s restrictive legislation and regional fragmentation hinder these efforts, failing to balance privacy rights with the public interest to improve health care.

A newly proposed reform threatens to worsen the situation even further. The autonomia differenziata law, if passed, will further decentralise health-care governance, deepening the fragmentation and disparities between regions instead of fostering harmonised data collection and sharing.

Legislative harmonisation at the national level is essential to establish a unified health data network in Italy. This approach will support data interoperability, telemedicine, and the digitalisation of the Servizio Sanitario Nazionale (Italy’s national health service), while leveraging European initiatives such as the Data Governance Act, which promotes secure and ethical data sharing, the European Health Data Space, which aims to enable cross-border health care and foster research, and the AI Act, which seeks to regulate trustworthy and transparent artificial intelligence in health care.

Failure to act will deepen inequalities, delay treatments, and hinder progress, whereas prioritising systemic reform offers Italy the opportunity to meet health-care demands and deliver fair, efficient care.

 

 

 

 

 

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