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Valore usufrutto Casinò Campione, tra perizie e controlli

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Grande interesse sta suscitando il nostro editoriale sul tema della valutazione del marchio del Casinò di Campione d’Italia.
Certo che ormai in tutte le complesse, e molto seguite, vicende dell’ultimo decennio a Campione di Italia, sembra delinearsi un continuo scontro, forse ancora in corso, tra forze che vogliono portare alla privatizzazione del Casinò ( con conseguente necessaria cessazione dell’attività dell’attuale società di gestione) e forze, al momento prevalenti, che si sono indirizzate verso la difesa e rilancio dell’attuale società di gestione.

Nel citato editoriale viene citata la perizia del professor Valerio Tavormina, a fondamento delle accuse per sopravvalutazione del valore del marchio  verso gli ex amministratori (valore 0 del marchio del casinò, nonostante il valore positivo esposto a bilancio) , che, come detto, pare essere disancorata dalla realtà nella percezione di  uno specialista del settore del gambling, non prevedendo, in ultima analisi, la possibilità di realizzare, attraverso il marchio, accordi commerciali con il settore del gioco pubblico, di fatto oggi decisamente comuni. Al punto che certi siti online hanno addirittura sottratto il marchio a casinò terrestri.
E questo parere, nonostante i limiti oggettivi che palesa, è stato probabilmente determinante nella decisione dei curatori fallimentari (poi cessati) di patteggiare in nome della società, nel procedimento riguardante il falso in bilancio relativo alla (ancora presunta) sopravvalutazione del marchio.
Ma i curatori fallimentari, come detto poi cessati, oltre che verso gli ex amministratori della società, hanno già “puntato il dito” verso altri soggetti.
Pensiamo al proscioglimento del professor Angelo Palma, anche lui sotto accusa da parte dei curatori fallimentari per aver sostenuto la continuazione dell’attività del Casinò senza, secondo l’accusa, sufficiente patrimonio, quando il suo impairment test ha provato il contrario.  
Oggi Palma, al quale gli amministratori si erano rivolti per sapere se il patrimonio della società fosse coerente alla prosecuzione dell’attività, è stato giudicato  innocente. 

Come, del resto e sorprendentemente, data la natura del procedimento, non sono mai stati indagati i periti, nominati dal presidente del Tribunale di Como, che hanno elaborato sia la perizia relativa al valore del marchio, che al valore dell’usufrutto. 
Ma allora, dopo il valore del marchio, focalizziamoci sul valore dell’usufrutto, dove, per il presunto falso in bilancio sulla sopravvalutazione di detto valore, anche in questo caso i curatori fallimentari hanno già patteggiato in nome della società.
Qui i curatori fallimentari, per sostenere l’accusa che il valore dell’usufrutto del palazzo del Casinò di Campione d’Italia fosse stato sopravvalutato, avevano richiesto una perizia all’architetto Annalisa Cairo, così come era stata disposta una perizia che aveva portato alle accuse (poi cadute) contro Palma.

Apparentemente  una perizia di un grande edificio a destinazione commerciale come il Casinò di Campione d’Italia, dovrebbe essere agevole perchè esiste l’informazione pubblica dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, che  fornisce un dato chiaro sul prezzo mensile al metro quadro dell’affitto (paragonabile, a grandi linee, all’usufrutto). Agevole sia per chi deve realizzare la perizia, ma anche per chi deve svolgere attività di controllo. 
Parliamo di edificio a destinazione commerciale, perchè, addirittura, l’allora presidente di Federgioco Maurizio Salvalaio era stato nominato (come dirigente di casinò, che è appartenente quindi al settore degli esercizi commerciali) nel board di Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi.
E infatti il Manuale banca quotazioni Omi, descrivendo l’ipermercato o il supermercato, indica una realtà assolutamente assimilabile, come edificio a destinazione commerciale, a un casinò come quello di Campione di Italia.
“Sia come struttura isolata o come parte di un intero edificio, è costituito dalla superficie destinata alla vendita ( in questo caso vendita di gettoni legata al gioco Ndr) e comprende come pertinenze l’autorimessa o parcheggio esterno e il magazzino (la struttura può essere dotata di altri servizi quali: bar, ristori, uffici amministrativo/direzionale). La superficie commerciale è data dalla somma della superficie, principale, di vendita più quella delle pertinenze, opportunamente omogeneizzate, entrambe determinate secondo i criteri di misurazione già esposti per altre tipologie”, si legge.

Veniamo quindi al “cuore” della questione. Il perito nominato dal Tribunale, per la perizia del palazzo del casinò nel 2014, afferma: “Alla superficie commerciale così calcolata il perito applica il canone mensile unitario che l’Omi ha pubblicato nel secondo semestre 2013 per i negozi in stato conservativo normale nella zona (Centrale / Centrale sul lago di Lugano) in cui si trova il complesso immobiliare oggetto di stima. L’Omi indica il canone unitario mensile di 26,30 euro/mq che corrisponde a Frs. 31,94 e, con riferimento all’anno, a Frs. 383,28. Per il complesso immobiliare ne risulta il canone annuo di 9.233.437,50 Frs. (circa 7,5milioni di euro al cambio di fine 2013 )”.

Il professor Stefano Stanghellini (già ordinario di estimo presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia  – Iuav) scrive “che, nel caso, poi  il canone unitario mensile è costituito dalla quotazione pubblicata dall’Omi, in quanto fonte pubblica ufficiale (confermando cosi la posizione del perito del Tribunale Ndr). La quotazione che si riferisce alla tipologia immobiliare più simile alle attività ospitate dal complesso immobiliare in esame è quella dei ‘negozi’, vale a dire 26,30 euro/mq.”

Ma aggiunge: “Poiché la quotazione del canone pubblicata dall’Omi si riferisce a “negozi in stato manutentivo normale” mentre nel caso in esame lo stato manutentivo è da considerarsi “ottimo”, mancando la quotazione Omi appropriata si rende necessario correggere il canone di 26,30 euro/mq di una percentuale dell’ordine del 30 percento. Si veda al riguardo il citato allegato al Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate contenente “Disposizioni in materia di individuazione dei criteri utili per la determinazione del valore normale dei fabbricati”. Si ottiene un incremento di 7.89 euro/mq, così che il canone risulta di 34,19 euro/mq.

Quindi, alla fine, secondo questa visione, il valore esposto a bilancio di circa 6,7 milioni di euro/anno dell’usufrutto, risulterebbe formulato anche con logiche di prudenza.
Ma, invece l’architetto Annalisa Cairo, con una posizione sorprendente (come forse quella del professor Tavormina per quanto riguarda il valore del marchio) sostiene che “in considerazione delle caratteristiche del bene oggetto di stima e dello scopo della valutazione (determinazione del valore di usufrutto), sia evidente come non risultino rilevabili dati di mercato inerenti la tipologia edilizia in esame (casinò)”.
Come se il casinò fosse un “unicum”, non iscritto, come settore  economico di riferimento, a Fipe e, pertanto, non riconducibile ai criteri dell’Omi.

E quindi, seguendo un’altra via per realizzare la perizia, il risultato finale per Cairo è di 3,7 milioni di euro anno come valore dell’usufrutto. Per i quasi 25.000 metri quadrati dell’area commerciale del Casinò di Campione 12 euro al mese a metri quadrati (lontanissimo dalla quotazione Omi di 26,30 euro mq del perito del Tribunale e di quella di 34,19 euro/mq. suggerita dal giàprofessore ordinario di estimo dell’Iuav).

Per dare un ulteriore contributo alla comprensione della questione e dei valori in campo in Ticino, gli ultimi anni hanno visto una lunga diatriba del Casinò di Locarno (ottima comparazione per aspetti di settore e geografici) avente a tema il proprio canone di affitto mensile di circa 100 euro/mq (oltre 8 volte il valore della perizia Cairo).
In ultima analisi gli ex amministratori, secondo i curatori fallimentari, che sempre si sono costituiti in giudizio perchè il fallimento diventasse conclamato, ragionando per assurdo, sarebbero stati esenti da colpe se avessero valutato il marchio seguendo il principio dell’impossibilità di utilizzare il marchio del casinò in partnership con società di gioco pubblico (partnership allora già in corso) e se non avessero ancorato la valutazione del palazzo ai dati ufficiali dell’Agenzia delle entrate Omi (dato relativo ad attività commerciali) per quanto riguarda un esercizio commerciale di una società che vantava allora, come presidente di settore, un membro del board della Federazione italiana dei pubblici esercizi. 
Ricordando sempre che gli ex amministratori hanno usato perizie di esperti nominati dal Tribunale. Perizie che certo, alla luce di quanto detto, non parevano certamente irrazionali. E si erano rivolti a Palma (dichiarato innocente) per sapere se la società avesse capienza patrimoniale.

Concludendo si può affermare come l’azione dei curatori fallimentari avrebbe potuto essere più focalizzata sulla ripartenza (anche se la loro posizione processuale è stata sempre, come detto, a sostegno della tesi del fallimento conclamato, testimoniata dalla costituzione in giudizio), sull’evitare errori costati milioni di euro alla società (procedimento di licenziamento collettivo) dato che poi, con un team di grande qualità e principalmente con la riduzione del quantum da riconoscere al Comune, la società è brillantemente ripartita.
Forse questa azione accusatoria ha disperso energie positive che avrebbero potuto essere canalizzate maggiormente a favore della società e, appunto, della sua ripartenza, anche senza, come poi è successo, l’intervento legislativo che i curatori fallimentari auspicavano, come da loro dichiarato.

 





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