L’Italia migliore sul campo più bello. Berrettini-Sinner, il primo derby tricolore sul Centrale di Wimbledon, segna un momento di svolta, la linea di confine tra quel che è stato e quel che sarà. E’ il successo di Jannik, freddo e lucido nei punti importanti benché costretto a tirar fuori il meglio del suo tennis per vincere una partita fra grandi amici con tanto fair play ma niente di amichevole.
E’ un successo anche per Matteo, che queste sensazioni aspettava da tempo di provarle di nuovo. Ritrova antiche consapevolezze, avrà una classifica peggiore e un umore tendente al nero come tutti i grandi giocatori che odiano perdere. Ma oggi sa di avere un tennis più vicino al gioco dei momenti migliori, e questa certezza per il futuro non ha prezzo.
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E’ una sera da re, un mercoledì per campioni. Di fronte il numero 1 del mondo con lo spessore dei campioni, l’uomo dei record e delle prime volte, contro l’unico mai italiano che qui sia mai arrivato in finale. Due amici, che ieri palleggiavano con un pallone e oggi non si sono risparmiati nella lotta per ogni colpo in più, per ogni centimetro da guadagnare.
Chissà cosa sarà passato per la mente di Jannik mentre scendeva le scale che immettono verso il Centrale, chissà se avrà alzato gli occhi verso l’albo d’oro o i trofei in vetrina un anno dopo la sua prima semifinale a Wimbledon. E un anno, direbber Ivano Fossati, è la fotografia di te stesso che vai via. Vai, nel caso di Sinner, verso orizzonti ogni giorno più grandi.